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Macrofotografia: Lenti addizionali Canon vs Mar...
Dell'uso delle lenti addizionali in macrofotografia ho già parlato abbastanza estesamente qui e anche qui, questo mio articolo vuole invece essere un test di due fra le migliori lenti addizionali in commercio: La Canon 500D e la Marumi DHG 330 Macro.
Per completezza riassumo ugualmente cosa sono come funzionano e a cosa servono le lenti addizionali, per poi passare al confronto.
Le lenti addizionali macro (close up lenses) sono degli aggiuntivi ottici simili a dei filtri. Si avvitano davanti all'obiettivo per diminuire la distanza di messa a fuoco e consentire così un rapporto di riproduzione maggiore rispetto a quello ottenibile con il solo obiettivo.
Ci sono due tipi di lenti addizionali quelle ad un elemento, economiche ma di qualità scarsa/o appena sufficiente e quelle a due elementi (doppietti acromatici) in cui le aberrazioni sono molto più corrette e, se accoppiate ad obiettivi adatti, possono dare dei risultati di alto livello qualitativo (professionale ). Non paragonabile ad un vero macro ai bordi, ma se si accoppiano ad un buon obiettivo e/ si usa il formato Dx, o se il soggetto è centrale, di reali problemi non ce ne sono.
Dei vantaggi e svantaggi rispetti ai tubi di prolunga ne ho scritto negli articoli che ho citato.
Le lenti addizionali hanno diversa capacità di ingrandimento che dipende dal numero di diottrie della lente, tanto più alto, tanto maggiore l'ingrandimento, però anche maggiori le aberrazioni.
Il rapporto di riproduzione (RR) minimo ottenibile con la lente e l'obiettivo focheggiato ad infinito si calcola in vari modi; il più semplice è: RR=diottrie della lente x lunghezza focale dell'obiettivo in metri ad es. una lente da 2 diottrie montata su un 100mm focheggiato all'infinito permette di ottenere un ingrandimento di 2x0,1=0,2 ossia 1:5. Naturalmente se anzichè all'infinito si
focheggia più vicino si avranno ingrandimenti maggiori (non di molto e il calcolo è un po' complesso).
Da quanto ho scritto sopra deriva che maggiore è la focale dell'obiettivo maggiore sarà il rapporto di riproduzione, ma bisogna tenere conto di due fattori: le lenti addizionali sono spesso ottimizzate per un range di lunghezze focali e focali tropo lunghe tendono a soffrire di maggiori aberrazioni.
La distanza massima di messa a fuoco si può calcolare dividendo 1000 per il numero di diottrie: una lente da 1 diottria mette a fuoco a 1m, una da 2 diottrie a 50cm e così via.
Come introduzione può bastare, veniamo alle lenti in prova.
[attachment=107455:canomarumi.jpg]
Le Marumi e (un po' meno) le Canon sono le lenti addizionali acromatiche più facilmente reperibili sul mercato. La Canon produce la 250 D (quattro diottrie) e la 500D (due diottrie) la Marumi la DHG 200 (cinque diottrie) e la 330 (tre diottrie). I numeri che distinguono i modelli non sono casuali, corrispondono alla distanza massima di messa a fuoco in mm tra soggetto e lente addizionale (non tra soggetto e sensore).
- mag 23 2017 07:55
- da Silvio Renesto
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Sony A6000 e Sigma 60/2.8 (più Sigma) in macro
Un giorno mi squilla il telefono e ohibò, è Mauro che mi chiede se sono interessato ad una experience: provare a fare della macro con la Sony A6000 con montato il 60mm Sigma f2.8Dn.
Perchè no? Ma... un momento, il 60 Sigma Dn non è un macro ha una distanza di messa a fuoco (50cm) ed un rapporto di riproduzione (1:7,2) da obiettivo normale. Su formato APS-C in fondo è un obiettivo da ritratto.
Però mi dice Mauro, ci ho provato ad appoggiare davanti una lente addizionale e mi è sembrato proprio un macro!
A me le lenti addzionali non mancano certo, per cui d'accordo, proviamo.
Della Sony A 6000 ha già parlato diffusamente Max Aquila, e ne parlerà Mauro Maratta, quindi non starò a ripresentare la fotocamera in dettaglio.
[attachment=105812:alfa1.jpg]
Posso comunque condividere le conclusioni di entrambi, è una macchina che da' molto per quel che costa oggi, è versatile e funzionale (basta non scavare nei menù) e i file sono buoni, anzi più che buoni.
Anche il Sigma 60 Dn è un bell'obiettivo, di ottima costruzione, anche se la ghiera di messa a fuoco liscia,devo riconsocere molto elegante, non è proprio il mio genere.
La resa del 60mm Dn è molto buona e la nitidezza notevole:
[attachment=105815:lemon.jpg]
[attachment=105813:portapenne.jpg]
[attachment=105814:nitidezza1.jpg]
Crop 100% della foto sopra
Però, non è certo un macro:
[attachment=105816:limone1.jpg]
- apr 18 2017 13:42
- da Silvio Renesto
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Guida all'acquisto dell'obiettivo macro...
Dopo l'acquisto di una reflex e del corredo base di obiettivi, può succedere di voler approfondire qualche genere fotografico in particolare, il ritratto, il paesaggio piuttosto che la fotografia agli animali, oppure la macro. In questi casi spesso occorre un obiettivo dedicato.
Per fare della macrofotografia come si deve ed apprezzare pienamente le meraviglie nascoste nel "molto piccolo", ci vuole un vero obiettivo macro. che permetta di ingrandire, avvicinarsi a sufficienza al soggetto ed avere la elevata nitidezza necessaria per avere soddisfazioni ed appassionarsi a questo genere fotografico.
In questa guida all'acquisto ho cercato di presentare e commentare brevemente gli obiettivi per la macro compatibili con le reflex nikon attualmente in produzione, con qualche piccolo consiglio assolutamente soggettivo e non vincolante per aiutare nella scelta, rimandando ai test approfonditi pubblicati su Nikonland per approfondire.
Se siete interessati ad una breve introduzione alla macrofotografia vi suggerisco di leggere questo mio articolo su Nikonland da approfondire eventualmente leggendo su altri siti o dei manuali.
Gli obiettivi macro
Ho diviso gli obiettivi macro in tre categorie principali sulla base della lunghezza focale. I normali (50mm - 60mm), i tele corti (da 90mm a 105mm) e i tele medi (da 150-180-200mm) in più ho aggiunto un appendice sugli obiettivi macro dedicati al formato APS-C (Dx per Nikon).
I macro normali .
Molto ben corretti per quanto riguarda distorsione e aberrazioni, straordinariamente nitidi, sono i più piccoli e leggeri e (nell'ambito della stessa marca) costano meno di quelli di focale maggiore. I limiti possono essere: la distanza di messa a fuoco molto breve e quella di lavoro (distanza fra soggetto e lente anteriore) ancora di più, per cui può capitare di trovarsi a scattare vicinissimi al soggetto. Inoltre il maggiore angolo di campo rispetto a focali più lunghe, rende un po' più difficile ottenere degli sfondi gradevoli. Non sto affermando che le focali da 50-60mm sono poco utili, ma che sono un po' più impegnative nell'uso sul campo, mentre sono ottime per still life, riproduzione in genere. A mio parere, per insetti, altri animali o se si deve fotografare col cavalletto qualcosa che sta in mezzo ai cespugli, forse è meglio garantirsi un po' più di agio usando una focale un poco più lunga.
Le focali macro "standard" attualmente disponibili sono queste:
Nikon AF-S 60mm f/2.8 G ED Micro
[attachment=104644:nikon60.jpg]
Test su Nikonland qui e qui
Schema ottico (lenti/gruppi):12/9
Diaframmi f/2.8-32
Angolo di campo 39°40' (26°30' con formato DX Nikon)
Distanza minima di messa a fuoco 18,5cm
Massimo rapporto di riproduzione 1x
Diaframma 9 lamelle
Passo filtri 62mm
Dimensioni (diametroxlunghezza dall'innesto) 73 x 89 mm
Peso 425g
Motorizzato AFS
A mio parere la scelta migliore fra i "normali" per Nikon.
Zeiss Milvus 50mm f2M
[attachment=104645:zeissmilvus50mm.jpg]
Schema ottico (lenti/gruppi):8/6,
Diaframmi f2-22
Distanza minima di messa a fuoco 24cm
Massimo rapporto di riproduzione 0.5x
Diaframma -
Passo filtri 67mm
Dimensioni (diametroxlunghezza dall'innesto) 81x74mm
Peso 700g
Messa a fuoco manuale
Costante per gli Zeiss sono la costruzione superba, la qualità ottica indiscussa, ma... messa a fuoco solo manuale, costo più che notevole e rapporto di riproduzione un po' "vintage", arriva solo a 1:2.
- feb 21 2017 13:17
- da Silvio Renesto
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Sigma SD Quattro e 150 Macro, una coppia "p...
In questa nuova esperienza con la Sigma SD Quattro, accoppiata ad un vero obiettivo macro, il Sigma 150 OS, ho potuto sperimentare. Il 150mm mi ha permesso non solo le classiche foto "scientifiche" o semplicemente illustrative, di cercare inquadrature strette, originali, che trasformassero la rappresentazione del reale in immagine creativa, al limite dell'astratto.
Prima le impressioni d'uso
[attachment=101390:kit.jpg]
Va chiarito che l'obiettivo può essere usato solo in modalità di messa a fuoco manuale. In autofocus si rifiuta di agganciare, indipendentemente dalle condizioni di luce o di contrasto del soggetto.
Messa a fuoco manuale quindi, meglio controllando l'inquadratura sul display ingrandito per quattro e con focus peaking. Devo dire che il focus peaking della Sigma Sd Quattro con il display su 4x è poco visibile,bisogna fare molta attenzione. Con l'ingrandimento a 1x si vede meglio ma è anche meno preciso. Questi i limiti operativi.
Però con un vero macro si fanno ... vere macro!
A proposito: cliccate sulle immagini, ne vale la pena!
[attachment=101391:triloscale.jpg]
quanto è piccola la cosina nera?
[attachment=101392:trilo.jpg]
Nessun crop (stacking di sette/otto foto per avere tutto a fuoco)
Ho fatto due sessioni di scatto in due musei differenti e con scopi diversi, uno più documentativo, l'altro più interpretativo, non oso dire artistico.
Nella prima pur usando l'autoscatto, ho avuto dei micromossi e fuori fuoco, colpa della mia scarsa gestione della luce
Comunque qualcosa di interessante l'ho ottenuto. E, grazie all'elevato rapporto di riproduzione ho potuto fare foto di dettagli minuti senza dover "croppare" per mostrarli.
Questa è una punta di freccia opera di nativi americani, vecchia di diecimila anni, viene dalla Florida. Emozionante.
[attachment=101393:arrowpoint.jpg]
[attachment=101394:corallini.jpg]
Si vedono molto bene i coralli
[attachment=101395:anguilla.jpg]
questa Anguilla lunga 30cm e vecchia 100 milioni di anni
[attachment=101396:canocchiavis.jpg]
Si è mangiata una Canocchia (c'erano già ed erano buone come oggi)
[attachment=101398:canocchiauv.jpg]
In luce UV
- ott 31 2016 14:12
- da Silvio Renesto
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Sigma SD quattro, la forza del particolare (tes...
Le caratteristiche, i pregi e i difetti della Sigma SD quattro sono stati ampiamente, direi sapientemente, descritti da Mauro Maratta nel suo articolo, che vi invito a leggere se ancora non l'avete fatto.
Qui non li ripeterò. La mia intenzione è invece mostrare quanto questa insolita macchina fotografica mi abbia sorpreso (ed entusiasmato) quale strumento per il mio lavoro, regalandomi un'esperienza davvero speciale (per chi non lo sapesse, sono un Paleontologo, dei Vertebrati per l'esattezza, e mi occupo di Rettli fossili, soprattutto del Triassico, ossia intorno ai 200 milioni di anni fa, presso l'Università dove insegno. Ho al mio attivo oltre sessanta lavori scientifici oltre ad un'intensa attività di divulgazione con conferenze e tutto il resto).
La fotografia ha un ruolo fondamentale in Paleontologia,per documentare i risultati dei propri studi, o semplicemente avere illustrazioni di fossili a scopo didattico o divulgativo.
Siccome i fossili sono tra le cose più tranquille che si possano immaginare, le limitazioni della SD quattro in fatto di ISO, tempi di reazione e così via, divengono irrilevanti. Con un buon stativo od un treppiedi, e potendo gestire la luce, si possono ottenere eccellenti immagini rimanendo a 100 iso e chiudendo i diaframmi quanto serve. Se ne vanno quindi i difetti di questa fotocamera, ma rimangono i pregi, soprattutto come vedremo, la ricchezza di dettaglio e la sensazione di tridimensionalità che da' ai soggetti fotografati cosa che credo si possa ottenere solo con strumenti molto più costosi, o ingombranti, o tutte e due le cose.
[attachment=100642:ammo.jpg]
Ho fotografato questa ammonite cinese che ha ancora la conchiglia originale conservata, caso piuttosto raro. Il diametro dell'esemplare è circa tre-quattro centimetri. L'ho ripresa con il 50mm f1.4 ART e la Lente addizionale acromatica Marumi da 3 diottrie. Nota: Tutte le foto dell'articolo sono state riprese con il 50mm ART con o senza la lente Marumi a seconda della necessità.
[attachment=100643:ammonitesutr.jpg]
[attachment=100644:sutures.jpg]
Ammonite in sezione, poco più grande di quella della fotografia precedente, ma conservazione differente. L'Ammonite è ricoperta da Pirite, un minerale di ferro che precipita in ambienti poveri di ossigeno spesso ad opera di batteri.
[attachment=100645:piritizzazione.jpg]
Di nuovo crop al 100%
[attachment=100646:incrostazione.jpg]
Un Bivalve...
[attachment=100647:bivalvi.jpg]
Volete vedere bene le strie di accrescimento in rilievo? Eccovi serviti.
[attachment=100648:strie.jpg]
Una Felce del Carbonifero.
[attachment=100649:felci.jpg]
[attachment=100650:foglie.jpg]
- ott 28 2016 19:16
- da Silvio Renesto
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Tamron SP Af Di 180mm f3.5 Macro, La terza via...
Per chi come me usa Nikon e ama fare macrofotografia sul campo con i tele macro "lunghi" da 200 o 180mm, le alternative non sono molte, Nikon con il 200mm f4 micro-nikkor AfD, Sigma con il 180mm f3.5 Sigma Apo Macro (oggi sostituito dal modello più luminoso, ma più costoso e ingombrante f2.8) e.poi ? Poi c'è il 180mm f3.5 della Tamron.
Avevo avuto modo di provare i 200mm micro-nikkor Ai e AfD i 180mm Sigma Apo Macro f3.5 e f2.8 (ho provato anche il minuscolo 180mm Sigma Apo f5.6, ma è preistoria). Mi mancava solo il 180mm della Tamron. Ne avevo letto recensioni entusiastiche (ad es quella di Photozone.de e di Nikonians), per cui la curiosità era grande.
Grazie alla cortesia dell'amico Paolo (Vento), ho potuto finalmente provare questo obiettivo, e qui vi riporto le mie impressioni. Naturalmente si riferiscono all'esemplare da me provato. Mettete in conto possibili variazioni.
[attachment=99976:trequarti.jpg]
Dati tecnici
Nome: Tamron SP Af Di 180mm f3.5 Macro
Lenti/gruppi: 14/11 (2 lenti a bassa dispersione)
Diaframma a 7 lamelle, apertura da f3.5 a 32
Distanza minima di messa a fuoco 47cm, corrispondente ad un rapporto di riproduzione di 1:1 e ad una focale effettiva di 117,5m
Distanza minima di lavoro circa 25,5cm
Diametro filtri 72mm
Dimensioni 166x85mm
Peso 820gr
Paraluce a baionetta, collare per treppiede staccabile e meccanismo di rotazione filtri FEC in dotazione.
[attachment=99977:sch.gif]
Schema ottico del Tamron 180mm f3.5 Macro
Costruzione ed ergonomia.
L'obiettivo è compatto e le plastiche sono di ottima qualità, l'assemblaggio è preciso e non ci sono giochi di alcun genere. si impugna bene e non è eccessivamente pesante, ottimamente bilanciato sia su corpi Dx che Fx.
[attachment=99978:size.jpg]
L'anello azzurro contraddistingue la serie SP (Superior Performance), un po' come l'anello dorato degli Ex Sigma
L'obiettivo non è motorizzato nella versione per Nikon, in autofocus le lenti sono mosse da un alberino che sfrutta il motore Af della fotocamera tramite presa di forza.
L'obiettivo è IF (internal focus) per cui non si allunga focheggiando alle brevi distanze.
La commutazione Af/Mf si effettua facendo scorrere avanti o indietro la ghiera della messa a fuoco, in Af la ghiera non ruota. La finestrella superiore riporta le distanze in metri e piedi e, come in ogni macro che si rispetti, i rapporti di riproduzione ottenibili alle diverse distanze.
[attachment=99979:afmf.jpg]
La scala delle distanze e sopra le indicazioni delle posizioni della ghiera in Af e Mf
[attachment=99980:filterring.jpg]
L'anello FEC
[attachment=99981:collare.jpg]
[attachment=99982:collare2.jpg]
[attachment=99983:paraluce.jpg]
L'obiettivo senza e con il paraluce innestato
- set 28 2016 11:45
- da Silvio Renesto
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Dragonflywatching? Perchè no?
Del Birdwatching ne sappiamo tutti, almeno per sentito dire. Ma da un po' di anni, come sempre prima all'estero, poi da noi, sta prendendo piede la passione per l'osservazione delle libellule. Non ho scritto hobby intenzionalmente, perchè come il birdwatching serio è un insostituibile aiuto al monitoraggio, al censimento ed alla conoscenza dell'avifauna, di conseguenza alla sua protezione, così è l'osservare le libellule.
[attachment=86517:painting1_214.JPG]
Copertina dell'edizione italiana di un famoso testo Taoista, le libellule sono una presenza frequente nell'arte orientale
Oltre che essere innegabilmente tra gli insetti più piacevoli all'occhio, per le forme, i colori le trasparenze delle ali e la leggiadria, a volte invece la potenza del volo, le libellule sono degli indicatori ecologici di grandissima importanza, le ninfe di alcune specie ad esempio, possono vivere solo in acque pulite, ricche di ossigeno, altre sono legate a determinati ambienti e così via.
Come per il birdwatching non mancano quindi gruppi ed associazioni, da noi in Italia la più importante è Odonata.it che, come recita la home page del sito, è una Associazione scientifica che promuove la ricerca odonatologica (sugli odonati, cioè sulle libellule) di base e applicata, la divulgazione, delle conoscenze sull’odonatofauna e la protezione delle libellule e dei loro habitat.
[attachment=86518:Odonatait.jpg]
Oltre al magnifico sito, fanno censimenti, incontri, raduni, uscite e pubblicazioni e raccolgono segnalazioni. Insieme ad altri gruppi, nel novarese mi viene in mente il Burchvif, cercano di proteggere questi magnifici insetti, minacciati da pesticidi e soprattutto nelle zone delle risaie dai nuovi metodi di coltivazione con cicli di "asciutta" che condannano a morte le larve.
Un risultato della sensibilizzazione, nel novarese, è che molti piccoli canali attorno alle risaie ora sono mantenuti sempre allagati.
per strano che possa sembrare il Dragonflywatching sta riscuotendo successo crescente.
[attachment=86519:dfw.jpg]
[attachment=86520:holydays.jpg]
[attachment=86521:drfw.jpg]
Ad esempio presso l'Oasi della Palude di Casalbeltrame (dove c'è uno stagno didattico pro-libellule realizzata a cura di Elisa Riservato, figura di spicco dell'Odonatologia italiana) è possibile reperire uan cartina dei luoghi interessanti della bassa novarese e, insieme ai simboli di monumenti, abbazie e punti di avvistamento uccelli, compare la libellulina, segnalazione di spot dove è presente o segnalata una o più specie interessanti.
[attachment=86522:mappa.jpg]
Particolare della cartina rperibile presso l'Oasi di Casalbeltrame. Indicato il simbolo dei punti di avvistamento libellule.
[attachment=86523:_DSC5199_155.JPG]
Addirittura in certi sentieri (pochi) sono affissi dei segnali!
- nov 10 2015 17:03
- da Silvio Renesto
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Sigma 180mm f2.8 Macro OS, il Macrosauro (test...
Grazie ad un gentile prestito da parte di Mauro Maratta, ho avuto modo di togliermi una soddisfazione, ossia provare sul campo il Sigma 180mm f2.8 Macro OS, ed ecco le mie impressioni sull'obiettivo nell' uso in macrofotografia.
Su Nikonland si è già scritto sul 180mm f2.8 macro Sigma OS. Bruno Mora ha fatto un approfondito articolo dal punto di vista della costruzione e della resa ottica, ed ha anche proposto un mini test comparativo con il Nikon Micro-nikkor 200mm f4 IF ED riguardo la qualità di immagine.
Io cercherò di integrare quanto scritto da Bruno con le mie impressioni d'uso in ambito strettamente macrofotografico/naturalistico, evitando il più possibile ripetizioni.
L'obiettivo:
Il 180mm f2.8 Macro OS, afferma Sigma, è l'unico tele-macro di grande apertura che arrivi ad un Rapporto di Riproduzione (RR) di 1:1, il che è vero.
La stessa Sigma, molti anni fa, aveva proposto un altro 180mm f2.8 Macro, ma arrivava ad un RR di 1:2 ed era un incubo dal punto di vista dell' ergonomia, dell'Af, e del peso.
[attachment=81836:180old.jpg]
Sulla qualità del vecchio Sigma 180 f2.8 Macro non mi posso pronunciare perchè non l'ho mai usato.
Ho usato il suo fratellino minore, un 180mm macro f5.6 la cui contenuta apertura massima consentiva dimensioni minute, più o meno quelle di un 200mm Ai non micro.Era anche IF, per cui comodissimo nell'uso pratico.
[attachment=81837:sigma180.jpg]
Tornando al nuovo Sigma 180 f2.8 Macro OS, è imponente, grosso quasi come il suo predecessore, un vero dinosauro fra i macro, però è costruito in maniera completamente diversa, si tratta di un obiettivo moderno, ben bilanciato e corredato da un collare rimuovibile per l'attacco al treppiedi di forma sensata, al contrario del "vecchio".
Il paraluce, doppio a seconda dell'uso in formato Fx o Dx, è enorme, un po' troppo ingombrante, perlomeno per per l'uso in macrofotografia.
[attachment=81838:180new.jpg]
La grande apertura rende questo 180 molto valido anche per ritratto e fotografia generale, ma non è particolarmente significativa per la macro, dove la profondità di campo è molto ridotta anche a diaframmi piuttosto chiusi, però il partire da una apertura massima elevata permette di usare un converter senza perdere troppi stop, a tutto vantaggio della precisione dell'Af.
Bisogna osservare che, come in tutti i macro la luminosità effettiva si riduce con le distanze, diventando f3.2 a 1,5m, f3.5 a 90cm, f4 a 80cm e f5 poi. Il valore effettivo dei diaframma viene indicato sul display della fotocamera e nei dati exif.
Qualche numero:
La finestrella della messa a fuoco, come in ogni macro che si rispetti porta, oltre alle distanze in metri e feet, anche i rapporti di riproduzione alle varie distanze.
Da questi valori con semplici calcoli si può risalire alla focale effettiva al variare dei rapporti di riproduzione e delle distanze di messa a fuoco.
Come è ormai consuetudine, la focale effettiva si riduce sempre più man mano che ci si avvicina alla minima distanza di messa a fuoco. A 47cm corrisponde una focale effettiva di 117mm.
[attachment=81839:feffettiva.jpg]
Variazione della focale effettiva rispetto al rapporto di riproduzione
[attachment=81840:distanzaOS.jpg]
Distanze di messa a fuoco rispetto al rapporto di riproduzione
In macrofotografia naturalistica però è molto, direi più, importante la distanza di lavoro, ossia la distanza tra il soggetto e la lente frontale dell'obiettivo). A parità di distanza di messa a fuoco un obiettivo con minore distanza di lavoro (ad es. perchè il barilotto si allunga molto alle brevi distanze) sarà più scomodo da usare e ci sarà maggior rischio di fuga del soggetto se questo è mobile.
La maggior distanza di lavoro è uno dei motivi che fanno preferire a molti (me compreso) questi tele macro "lunghi" rispetto ai macro di focale 90-105mm.
Se confrontiamo i vari tele-macro, la distanza di lavoro varia così:
Il Sigma 180mm f2.8 Macro OS oggetto del test ha una distanza di lavoro di 22,5cm
Il precedente Sigma 180mm f3.5 Macro EX ha una distanza di lavoro di 23,5cm
IL Sigma 150mm f2.8 Macro OS ha una distanza di lavoro di 18,5cm
IL Nikon 200mm f4 micro-nikkor AfD ED ha una distanza di lavoro di 26cm.
Questi valori sono riferiti al solo obiettivo senza paraluce che, nel caso dei due Sigma 180 sono piuttosto grossi, o anche molto grossi.
In quanto a distanza di lavoro il vantaggio del 200mm f4 micro-nikkor è evidente. Ma anche se, come in altri ambiti, i cm in più contano molto, ci sono altre variabili in gioco.
- ago 26 2016 10:56
- da Silvio Renesto
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Canon-Nikon cinque a uno!
Per fare macro spinta esistono diverse soluzioni più o meno complesse: tubi, soffietti, obiettivi rovesciati, obiettivi accoppiati e varie combinazioni di tutte queste tecniche.
Queste soluzioni hanno vantaggi e svantaggi. Tra gli svantaggi si ha perdita di luminosità consistente (con tubi e soffietti, ricordiamo che si parla di macro spinta oltre l'1:1). con gli obiettivi rovesciati che agiscono come lenti addizionali, si hanno rapporti di riproduzione anche molto spinti, ma con poca variazione.
Minolta e Canon hanno prodotto obiettivi macro particolari che permettevano rapporti di riproduzione estremi, da 1:1 a 5:1 (cinque volte la reale dimensione del soggetto).
Canon ce l'ha ancora in catalogo, è il 65mm f2.8 MPE.
Non so cosa voglia dire MPE. Però ne ho uno.
[attachment=41115:mpe.jpg]
Il canon 65mm f2.8 MPE alla minima estensione.
Ho acquistato ilCanon 65mm MPE qualche anno fa per lavoro, e naturalmente ho dovuto acquistare un corpo macchina Canon (esattamente una 450D). Ma non è una bella accoppiata, il 65 mpe non è autofocus, anzi non ha nemmeno una vera ghiera della messa a fuoco; la ghiera serve ad impostare i rapporti di riproduzione, la messa a fuoco si effettua muovendo avanti e indietro il complesso fotocamera obiettivo. Nella 450D mirino è piccolo e la messa a fuoco a vista difficile. Non c' é nemmeno una conferma della corretta messa a fuoco (il "pallino"), per cui non è il massimo.
Mi spiaceva che un'ottica così interessante non potesse essere sfruttata con un corpo macchina migliore. Non ho però mai avuto intenzione di comprarmi un altro corpo Canon e sulle Nikon gli obiettivi Canon non vanno, per via del tiraggio minore... un momento, questo vale se si vuole mettere a fuoco alle grandi distanze, perchè aggiustare il tiraggio sarebbe come mettere dei tubi di prolunga. Ma il 65MPE non mette a fuoco a grandi distanze, nemmeno coi corpi Canon!
Quindi ho cercato un adattatore ed ho trovato quello di Adriano Lolli che è dalla ditta stessa contrassegnato "solo per macro, non si può mettere a fuoco all'infinito". Bene, quel che mi serve. Posso montare il 65 MPE sulla mia D800.
[attachment=41116:anellololli.jpg]
L'anello adattatore della COMA di Adriano Lolli.
[attachment=41118:nikka.jpg]
la D800 con il 65MPE
Questa è una violetta, il fiore misura circa 2,5cm in altezza.
[attachment=41119:viola.jpg]
Questa è una ripresa a 4:1, ossia quattro volte la dimensione reale. Il fuoco è sugli stami, nessun crop.
[attachment=41121:single.jpg]
Con un po' di stacking si ottiene una certa profondità di campo, se anziché fare della poesia si vuole documentare:
[attachment=41120:viola4b.jpg]
Qualche nota tecnica:
L'anello chiaramente non trasmette informazioni. per cui non si possono regolare i diaframmi. Si lavora solo a tutta apertura.
Sicuramente f2.8 può sembrare poco in macro, ma bisogna tenere conto che a distanze così brevi il diaframma effettivo è pari a: diaframma nominale + (diaframma nominale x ingrandimento) , ad es a 1:1 è 2,8+ (2,8x1)=5.6 a 5:1 è 2.8+(2.8x5)=16,8. Sempre poco ma qualcosa.
Sul barilotto sono segnati i rapporti di riproduzione e la distanza di lavoro (distanza del soggetto dalla lente frontale dell'obiettivo) relativa. Dati i rapporti elevati di ingrandimento, è necessaria una slitta di messa a fuoco
[attachment=41122:kit1.jpg]
ed un illuminatore slave o qualcosa del genere è fondamentale:
[attachment=41123:kit2.jpg]
Sicuramente non mi sarei comprato il 65MPE apposta per lavorarci con la D800 ma già che l'avevo, con poche decine di euro posso lavorarci con la D800 (e rispetto alla Canon 450D è un'altro pianeta nonostante la situazione ibrida) e anche divertirmici un po'!
[attachment=41125:P1010297.JPG]
Silvio Renesto- feb 13 2013 15:55
- da Silvio Renesto
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Macro a basso costo.. Lenti o tubi?
A volte si vorrebbe avere la possibilità di fare macro quando ne capitasse l'occasione, ma non ci si vuole dedicare seriamente a questo genere fotografico, oppure ci si vuole avvicinare alla macro per decidere se il genere piace o meno, in entrambi i casi s vorrebbe avere la possibilità di scattare macrofotografie senza dover investire troppo denaro in un obiettivo macro. In questi casi possono essere utili degli aggiuntivi ottici che permettono di esplorare il mondo della macrofotografia sfruttando ottiche normali. Si tratta dei tubi di prolunga e delle lenti addizionali. Ecco il dubbio: quale dei due è meglio usare? Lenti addizionali o tubi di prolunga?
Come sempre non c'è una scelta nettamente migliore dell'altra, dipende da cosa si vuole fare. Tubi e lenti addizionali hanno ciascuno dei vantaggi e degli svantaggi, alcuni dei quali possono dipendere molto dagli obiettivi con cui si vogliono usare questi accessori.
Qui voglio proporre il mio punto di vista basato sulla mia esperienza e relativo soprattutto a macrofotografia amatoriale sul campo, non professionale in laboratorio su stativo, con illuminatori e quant'altro, dove ovviamente si può montare ogni sorta di accrocchio a qualsiasi distanza dal soggetto che tanto non si muove e la luce è controllabile nei modi più disparati. Naturalmente anche sul campo si può gestire l'illuminazione con pannelli, flash multipli ecc., ma se uno si prende la briga di acquistare e imparare a gestire questi sistemi, non credo sia interessato a leggere se conviene di più un tubo di prolunga od una lente addizionale su un obiettivo non macro, perchè per prima cosa ne saprà già abbastanza e poi senza dubbio si sarà procurato un vero obiettivo macro con cui lavorare.
Questo è anche il motivo per cui non ho nominato i soffietti; so che esistono, ma li ritengo molto scomodi sul campo oltre che non semplici da usare (sempre sul campo) e non so quanti siano in grado di trasmettere gli automatismi ecc., per cui nella mia personale e parzialissima opinione non li vedo come strumenti per chi si vuole avvicinare alla macro, così come la pratica degli obiettivi rovesciati, accoppiati e altre migliaia di soluzioni più o meno funzionali esistenti, ma che richiedono studio ed esperienza, ossia sono un passo successivo. Questo è solo l'inizio.
Tubi di prolunga: Come tutti sapranno sono degli aggiuntivi ottici privi di lenti che si limitano ad aumentare il tiraggio che, detto un po' a spanne (poi gli esperti veri non mancheranno di correggermi e darvi la definizione giusta) è la distanza fra il piano sensore/pellicola e la baionetta di innesto. In pratica è un'incremento dell'estensione che si ha (anzi si aveva) con l'allungamento dell'elicoide nella messa a fuoco ravvicinata. Maggiore sarà l'allungamento, più si potranno mettere a fuoco soggetti vicini, quindi si avrà un maggiore rapporto di riproduzione(rapporto fra le dimensioni reali del soggetto e la sua immagine riprodotta sul sensore). Il rapporto di riproduzione ottenibile dipende da quanto allungamento si aggiunge (ossia da quanto è lungo il tubo di prolunga) e dalla lunghezza focale dell'obiettivo. Con l'obiettivo focheggiato ad infinito l'ingrandimento ottenibile si avrà dividendo la lunghezza focale dell'obiettivo per quella del tubo di prolunga, quindi più corta la focale maggiore sarà l'ingrandimento a parità di estensione: un tubo lungo 2,5cm (25mm) su un obiettivo di focale 50mm (focheggiato ad infinito) darà un rapporto di riproduzione di (50:25=2) 1:2 cioè la metà delle dimensioni reali del soggetto, su un obiettivo di 100mm darà un rapporto di riproduzione di 1:4 su un 200mm di 1:8 e così via. Naturalmente agendo sulla messa a fuoco si può guadagnare ancora qualcosa (poco o ... un po' di più, dipende anche dalle caratteristiche dell'obiettivo) come rapporto di ingrandimento.
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Un tubo di prolunga Af (Kenko Unitube da 25mm) e nikon( PN11 da 52,7mm)
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50mm f1.8 Af alla minima distanza di messa a fuoco
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50mm f1.8 più tubo Pk13 (27,2mm) focheggiato ad infinito
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50mm f1.8 Af più tubo Pk 13 (27,2mm) focheggiato alla minima distanza di messa a fuoco.
Vantaggi: i tubi di prolunga sono robusti, quelli moderni (Kenko/Soligor e cloni relativi) mantengono tutte o quasi le funzioni degli obiettivi, Af compreso se la luminosità è sufficiente, ne esistono di svariate lunghezze combinabili fra loro per avere diversi rapporti di ingrandimento. Non avendo lenti, non introducono aberrazioni particolari che degraderebbero la qualità di immagine.
Svantaggi: si perde la messa a fuoco ad infinito, e si ha una perdita di luminosità piuttosto consistente, ad es. un tubo da 50mm come il Nikon PN11 (52 e qualcosa per l'esattezza) provoca una caduta di luce pari ad almeno due diaframmi, con le relative conseguenze sui tempi di esposizione e al precisione nella messa a fuoco. I rapporti di riproduzione maggiori si hanno con le focali corte, che sul campo sono le meno comode perchè hanno già una distanza minima di messa a fuoco bassa, riducendola ulteriormente si finisce per essere spesso troppo vicini al soggetto, con le conseguenti difficoltà operative e se si usa il flash a volte diventa difficile una misurazione TTL affidabile (ad es. è specificato che i Kenko Pro non trasmettono l'informazione di distanza al corpo macchina/flash per evitare esposizioni erronee, perchè la distanza non è quella che il chip rileverebbe). Poi, tutto si può fare naturalmente, anche se scomodo.. Con i tele medi può essere utile come ho già scritto altrove usare un tubo corto per guadagnare qualcosa per la fotografia ravvicinata, mentre l'allungamento necessario per ottenere veri rapporti di riproduzione da macrofotografia richiedono più tubi montati in serie con allungamento di tutto l'insieme, il che rende critico gestire le vibrazioni e la caduta di luce,
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Questa foto è stata fatta con il vecchio Nikon 300mm f4 AfD (la messa a fuoco minima senza accessori a 2,5m) più un tubo di prolunga Kenko Af da 2,5cm
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Aeshna isoceles fotografata con il 300mm f4 AfD (messa a fuoco minima senza accessori a 2.5m) più nikon PK 13 (2,7 cm circa)
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Qui invece ho usato il 300mm f4 AFS (messa a fuoco minima senza accessori a 1,45m circa) più tubo Kenko Af da 2,5cm.
Come ho spiegato già, un tubo corto sul teleobiettivo moderno (leggasi IF) permette anche di aumentare l'ingrandimento ad una data distanza senza avvicinarsi al soggetto, sfruttando il fatto che con il tubo l'obiettivo sarà focheggiato per distanze nominali più lunghe, per cui la sua focale effettiva sarà maggiore che se si mettesse a fuoco alla stessa distanza, ma senza il tubo.
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Nikon 300mm f4 AFS distanza di messa a fuoco 2,5m (per i curiosi: è il cranio di un avvoltoio)
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Nikon 300mm f4 AFS + Tubo nikon PN11 alla stessa distanza (anzi, 5 cm più indietro, per la presenza del tubo)
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Nikon 300mm f4 AFs alla minima distanza di messa a fuoco (1,5m)
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Nikon 300mm f4 AFS + tubo PN11 sempre a 1,5m (più 5cm)
Questo perchè l'elicoide è regolato su distanze maggiori, quindi la riduzione della focale effettiva è minore.
Personalmente uso molto i tele nella macro e quindi raramente uso i tubi, per lo più appunto per la fotografia ravvicinata o per "guadagnare senza spostarmi"..
- gen 01 1970 01:00
- da Silvio Renesto