In questi giorni di inizio primavera mi guardo indietro, all'inverno appena concluso, un inverno in cui non ho avuto modo di vedere nè neve nè ghiaccio, un inverno trascorso tra il grigio dell'asfalto e le rive secche delle periferie del nord Italia. Ci ha pensato Maurizio Biancarelli con il suo volume "Racconti d'Inverno" a ricordarmi cosa mi sono perso, qual'è l'opportunità sfumata, l'occasione perduta.
Eccolo qui, nel piccolo volume fotografico (formato 28.5 x 23.5 cm) di 143 pagine, una raccolta di freddissime immagini invernali di natura selvaggia. Nel bianco accecante della neve colpita dal sole, o nel dolce azzurro della luce crepuscolare che tutto avvolge, l'inverno si rivela per quello che è: un momento di straordinaria e pura bellezza. Ma non voglio confondervi perché questo volume non contiene un omaggio alla natura vestita di bianco, non è un vocabolario di declinazioni varie delle bellezze naturali invernali. Questo libro contiene l'inverno di un uomo dell'Appennino centrale, di un fotografo che percorre ogni anno sentieri isolati e sperduti tra i mondi Sibillini fino al Gran Sasso e ai monti della Laga, passando per il fantastico Piano Grande, uno degli scorci più suggestivi (e fotografati) della nostra affollata penisola. Queste immagini di Biancarelli documentano cinque inverni, di cui due tra i più rigidi degli ultimi anni, trascorsi ad interrogare le montagne del centro Italia, raccogliendo risposte imprevedibili e talvolta assolutamente sorprendenti.
Nelle le valli dominate dalle cime dolci ed ondulate dell'appennino si nascondono scorci che credevo potessero essere solo del fiume Yellostone in Wyoming piuttosto che del remoto e selvaggio Okkaido giapponese. Invece eccoli qui i cervi che arrancano nella neve alta, nell'affannosa ricerca di un guado del torrente, come gli wapity delle pianure americane, ma qui siamo a 200km da Roma perbacco! Mi scappa un sorriso di compiacimento quando mi imbatto nelle immagini straordinarie della volpe concentrata nell'ascolto dei deboli fruscii dell'arvicola sotto la neve, sorrido perché concludo che non serve fare un volo transoceanico per osservare questo comportamento. Come non occorre andare in Minnesota per incrociare gli occhi gialli del principe dei predatori, quel Lupo che ancora fa tanto discutere tutto il mondo e che qui da noi, nel cuore dell'Italia antropica, resiste pervicacemente a tutte le difficoltà del sopravvivere ai margini. Nell'incontro straordinario di Maurizio Biancarelli con i Lupi appenninici sta il peso, l'importanza, di questo piccolo volume (non un caso che a lui sia dedicata la copertina). Le pur magnifiche immagini dell'allocco di Lapponia, dell'Astore e dell'Aquila fotografate nell'estremo nord della penisola scandinava, come le tenerissime dei cuccioli di Orso polare del Manitoba, contenute anch'esse in questo volume, spariscono, si annullano nel confronto con le fotografie della lupa che raccoglie la coda tra le zampe in segno di "non belligeranza" al cospetto di cane pastore abruzzese, o ancora del lupo che cede il passo (sazio dice l'autore, saggio penso io) al fiero zoccolo di una cerva, ben decisa a vender cara la pelle.
Oltre ad essere delle documentazioni eccezionali, questi scatti di Biancarelli sono evocativi di un mondo perduto, un mondo che però sa rigenerarsi e riproporsi, un universo parallelo alla dimensione dell'uomo moderno, un uomo granitico nella convinzione di essere ormai estraneo e "superiore" a quelle leggi dette "di natura", che impongono di arrangiarsi con il solo uso di zoccoli, unghie, pelo folto e denti aguzzi. Ed invece eccolo lì, quel mondo, vivo e vegeto ed in perenne cerca del suo equilibrio dinamico. La lotta per la vita, con le sue regole semplici e terribili, è appena fuori dell'uscio a due passi da casa, è scritto qui, in questo volumetto di editoria indipendente recapitatomi per posta direttamente dal suo autore.