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Raccontare con le immagini…è un lavoro il mio lavoro…

Inviato da Tiziano Manzoni fototm , 21 marzo 2016 · 1496 visualizzazioni

Raccontare con le immagini…è un lavoro il mio lavoro…

Raccontare con le immagini…è un lavoro. il mio lavoro…
Spesso mi dicono, "certo che fare belle foto di reportage in guerra non è difficile, le situazioni strane sono sotto gli occhi di tutti..." a prescindere che chi dice questo è un asino patentato e mai potra fare belle foto manco al nipote vincitore del bimbo piu bello alla sagra della bistecca vegana!!! detto questo fare reportage, servono alcune cose fondamentali.
1 serve capire e non schierarsi, tenere le proprie considerazioni.
2 serve coraggio, perchè spesso quello che ferma una bella foto è perchè si è rinunciato a farla!
3 serve scendere sullo stesso piano, eleggersi a superiore non ti farà mai capire lo stato d'animo di chi ti sta di fronte...
4 serve la testa perchè senza, si rischia che il coraggio ti fa solo finire male...
5 serve sorridere, scattare e sorridere ancora, ma se sorridi troppo, spesso chi sta dall'altra parte e ti vede come uno con più possibilità si fa, strani pensieri e quindi appena vedi che va oltre, metti in chiaro che vendi cara la pelle anche se sei in pace con tutti...
6 serve saper vedere la dove gli altri non vedono...
7 serve... essere fotografo ( aiuta ) 
 In qualsiasi città puoi realizzare un reportage di buna fattura e darti scariche di adrenalina, anche se stai a Bergamo e devi documentare " gli ultimi del nuovo millenio" ...

 
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Ogni notte voltano le spalle alle luci della città. Stirano le braccia verso l’alto e con il piede cercano un appiglio. Si mettono faccia a faccia con le Mura. Quasi sempre però devono aspettare il momento giusto per lo slancio. Per sparire.

Sono i fari di un’auto quelli in cima alla salita, oltre la curva, proiettati sul palazzo antico e poi giù verso il viale. Non gradiscono i vicini.
Prima di sparire del tutto bisogna fingersi invisibili in un altro modo, per un altro po’. Cioè non dare nell’occhio. Le braccia tornano lungo i fianchi, lo sguardo verso la vista mozzafiato da 5 mila euro al metro quadrato. Quello è il momento, quando il Bmw scivola via e s’accoda alla carovana di turisti del sabato sera, con la pattuglia dei vigili pronta a farle la festa. Una coppia di agenti, blocchetto è a caccia di divieti di sosta a Colle Aperto. succede che anche qui, nel cuore di Città Alta,
la povertà sia diventata di casa. Le Mura trasformate in rifugio. Sopra gli attici dei ricchi, sotto i fagotti dei disperati. In comune hanno gli ingressi anonimi e quell’incredibile colpo d’occhio verso la «periferia». Il vescovato è a cento metri in linea d’aria dalla camera con vista arredata per due. I letti sono su un tappeto di cartoni, cellophane e fogli di giornale. Sono coperte arruffate, lasciate lì pronte all’uso. Ci sono un paio di scarpe e un ombrello. Vasetti di prugne secche e marmellata. Le pareti di cinquecento anni fa, oggi candidate a diventare patrimonio dell’Unesco, servono per appendere l’omino con le camicie. E poi una manciata di collanine colorate Giamaica, un rosario in legno, l’arbre magique che ha perso ogni potere.

 
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Atif, il pakistano multato
Galleria Fanzago, dove i lampioni pagati da residenti e commercianti non si spengono mai e i clochard si stendono tra le vetrine e gli ingressi dei condomini. Non per niente è scattato l’esposto, e chi ci è andato di mezzo è stato Atif. Finalmente ha un volto. Ti guarda con gli occhi spaventati. Ha 27 anni ed è appena arrivato dal Pakistan. Parla solo urdu, ragion per cui è il vicino di sacco a pelo, un indiano di 31 anni, in Italia da cinque, a prestarsi per la traduzione. Devang dice di essere sulla strada da poco e che è finito sfrattato in seguito al fallimento dell’azienda dove era assunto come operaio. «Fagli vedere la multa», invita Atif. Il ragazzo si porta lo zainetto sulle ginocchia e la porge senza capire bene che cosa succede. Il verbale da 300 euro del 29 ottobre, ore 8.30, è per essersi accampato esattamente dove si prepara a passare un’altra notte.
 I dormitori sono al completo e lui non ha nessuno su cui contare. Non ha nemmeno i documenti,  perché in Questura mancava l’interprete.
Lo hanno fotosegnalato la mattina dei controlli, per poter intestare la sanzione. Come da regolamento. «Dovremmo andare alla Caritas fra pochi giorni - spiega Devang -. Ci hanno detto che si libereranno alcuni posti. I vigili sono venuti un’unica volta e hanno fatto la multa anche ad altri due».

 
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In piazzale Marconi
 

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 si sono sistemati in quattro. Quello che ha tutta l’aria di un italiano di mezza età, la giacca dell’unione sportiva Fiorente di Colognola e gli occhiali da vista comunque inforcati, russa con la bottiglia di tè a portata di mano. A una decina di metri Norberto, botanico dalla Repubblica Ceca, 33 anni, chiacchiera tra due donne. Dice che sono parenti, partite con lui alla ricerca di lavoro. Ma i risultati sono stati scarsi. Ad ogni modo, sembra che se la passino meno peggio di tanti altri. Sono sbarcati da Milano, giusto per tirare a domenica mattina. Molti fanno così.
Si portano dietro un meticcio col guinzaglio e il cappottino.
 Le «parenti» si tirano le coperte fin sopra la fronte, mentre Norberto si stringe tra le spalle quando gli chiedi che intenzioni ha: «Non lo so, vivo alla giornata». Le prime panchine alle Autolinee fanno da branda a un nordafricano. Un altro paio di scarpe consumate posato ai piedi del giaciglio improvvisato.

 
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happygiraffe
mar 26 2016 08:46
Grazie, Tiziano, per questo bel reportage che ci fa aprire gli occhi su una realtà che invece tendiamo a non voler vedere e che invece mi pare in crescita in molte grandi città in Italia e in Europa.
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Massimo Vignoli
mar 26 2016 09:11

Bel reportage. Effettivamente per cercare quelle situazioni e tirarne fuori un reportage occorrono grandi capacità, credo proprio che non ne sarei capace.

 

Grazie per la condivisione.

Grazie Tiziano

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Valerio Brùstia
apr 01 2016 15:16
Ma l'ho visto solo io l'alberello Thimberlad sulle scarpe accanto al giaciglio di quel pover'uomo? Che contrasto da far digrignare i denti! Beccato dall'occhio attento del Tiziano. Tutte ste foto mi fan pensare a quanto poco ci vorrebbe a finir li con una coperta in testa. E quanto sia difficile risalire.
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Tiziano Manzoni fototm
apr 01 2016 17:56

Vakerio, infatti la foto con le scarpe in primo piano è fatta per il contrasto timberland e disperazione... anche se questi al momento non se la passavano proprio male erano appena arrivati

in cerca di fortuna...