Lasciando da parte le parentesi nostrane - il raffronto con quanto stanno promuovendo in Italia gli altri distributori nazionali, come e con che capillarità, rispetto a Nital mi lascia nell'imbarazzo più totale - vorrei dire ancora due parole sull'articolo pubblicato dalla rivista giapponese Sentaku.
Questa rivista è cartacea, in abbonamento, i contenuti sono di natura politica ed economica e i redattori sono tutti giornalisti economici, economisti o ex-politici, tra cui un ex-presidente del consiglio giapponese. Insomma, un organo non ufficiale di natura lobbysta (nel senso statunitense del termine).
Il piano di ristrutturazione di Nikon ha riguardato più che altro la divisione precision che, per la mancanza di capitali da investire che oramai raggiungono cifre a 9 zeri per andare oltre la barriera dei 7 micron, ha ridotto al minimo le necessità produttive di Nikon che quindi ha prepensionato un migliaio di lavoratori e svalutato il magazzino (con la famosa perdita straordinaria).
Il prossimo futuro dovrebbe essere, secondo le logiche industriali, continuare a servire clientela di basso profilo per necessità non di punta che invece a livello globale sarà soddisfatta da ASML.
Peraltro la causa e la doppia causa per brevetti infranti (e la accusa da parte di ASML nei confronti di Nikon di non aver voluto firmare un accordo di utilizzo congiunto di brevetti) arriva nel momento meno opportuno.
Adesso Nikon è tecnicamente una public company ad azionariato diffuso senza un reale padrone che possieda una quota di controllo inattaccabile.
E' in difficoltà e in caso di opa ostile non avrebbe i mezzi per difendersi (lo stesso Berlusconi ha dovuto vendere il Milan per difendere Mediaset da Vivendi).
In aprile la stessa rivista ha anticipato il timore in ambito governativo della possibilità di scalata di Nikon da parte di produttori di microchip cinesi e taiwanesi, interessati ad un asset strategico, di tecnologia non disponibile sul mercato se non in prodotti finiti e cui loro devono ricorrere acquistando tecnologia occidentale.
Evidentemente il Giappone cerca di proteggere ancora con tutte le forze possibili - a differenza di quanto facciamo noi europei e in particolare noi italiani - quanto di eccellente c'è in quel Paese. Ne sono prova le acquisizioni - pilotate dall'alto - della capacità tecnologica di Panasonic e di Toshiba da parte di Sony. E del ramo automotive di Mitsubishi da parte di Nissan.
Quindi l'esistenza di una intesa di Mitsubishi Bank e del ministero del commercio e della produzione industriale giapponese (per chi legge i nostri articoli, Nikon è nata per volontà congiunta di Mitsubishi e del governo giapponese esattamente 100 anni fa) per salvaguardare gli interessi nazionali ha un senso.
E' la scelta di una holding esterna che resta un pò opaca e che rende meno credibile in termini di fattibilità reale l'operazione.
Attenzione, si parla di Fujifilm Holdings, non di Fujifilm Inc, quella delle pellicole e delle fotocamere. Anche se Fujifilm Holdings controlla Fujifilm, non si tratta di una ipotesi di fusione. Ma solo di un intervento azionario - evidentemente sconsigliato o illegale da parte di Mitsubishi (ma non di Mitsui, evidentemente, valle a capire le dinamiche giapponesi) per scongiurare una scalata in borsa.
Queste sono le idee sul campo, alimentate dalle difficoltà di riposizionamento di Nikon. Nulla di nuovo sotto il sole, salvo che adesso ne parla una rivista che ha grande rilievo negli ambiti che contano in Giappone.
E attenzione, la cosa riguarda la tecnologia dei microchip, non le fotocamere. Ai cinesi non importa nulla delle capacità in campo immagine di Nikon.
Quindi da qui a dire - come in qualche modo farebbe pensare Fujirumors- che vedremo presto delle Nikon con obiettivi Fujifilm o delle Fujifilm fullframe con l'ergonomia delle Nikon lo trovo quantomeno irrealistico.
Sono due imprese che potrebbero avere lo stesso padrone ma per lo più incompatibili sul piano operativo.
Peraltro Fujfilm Inc. fattura tre volte Nikon ma le due società insieme, producono un sesto dell'utile che distribuisce Fujifilm Holdings ai suoi azionisti (Mitsui, Sumitomo & Co.).
Insomma, stiamo parlando di qualche cosa di cui noi realmente non sappiamo nulla.
L'unica cosa certa è che per almeno altri 12-18 mesi è del tutto impossibile che una società così in trasformazione e oggetto di appetiti esterni possa proporre qualche cosa di più dirompente di un pur pregevole 28mm F1.4 E