[reportage] Abbazia di San Galgano
San Galgano abbazia chiesa chiusdino Galgano Guidotti
In questa roccia, vertice del Colle di Montesiepi,
Galgano Guidotti nel 1180 piantò la spada
venerando in essa la Croce simbolo di pace e redenzione
Situata a poca distanza dal comune di Chiusdino e a circa 30 chilometri da Siena, l’abbazia cistercense di San Galgano fu costruita sul luogo della morte di Galgano Guidotti, un cavaliere vissuto in questi luoghi nel XII secolo, il quale abbandonò quella che riteneva un'esistenza senza scopo per una vita di eremitaggio e, come gesto simbolico di rinuncia a ogni forma di violenza, piantò la propria spada in una roccia con lo scopo di farne una croce su cui pregare. Venne poi dichiarato santo dal Papa Lucio III nel 1185. Fu il Vescovo di Volterra che per primo fece erigere una cappella seguito poi da Ildebrando Pannocchieschi che promosse la costruzione di un vero e proprio monastero.
Come tutte le costruzioni dei monaci cistercensi anche questa rispondeva a precise regole, ovvero la vicinanza di un fiume per poter sfruttare la forza idrica, la presenza di vie principali di comunicazione che garantissero i collegamenti con la casa madre e l'ubicazione in luoghi paludosi o vicino a boschi per poter operare bonifiche e sfruttare il terreno per la coltivazione.
A un periodo di prosperità in cui l’abbazia arrivò ad assumere una notevole importanza economica e culturale, tanto che la città di Siena strinse stretti legami con la comunità, ha fatto seguito la decadenza iniziata nel XIV secolo a causa della carestia del 1328 e della successiva epidemia di peste del 1348. Inoltre, dopo la meta del XIV secolo fu più volte saccheggiata dalle compagnie di ventura che scorrazzavano nel senese.
Nel XV secolo l’abbazia fu abbandonata quando i monaci si trasferirono a Siena nel palazzo San Galgano che avevano da poco fatto edificare. Il patrimonio fondiario rimase tuttavia intatto e fu all'origine di una contesa tra la repubblica di Siena e il papato.
La Decadenza di tutto il complesso fu accentuata a partire dai primi anni del 1500 quando fu affidata agli abati commendatari il cui governo dell’abbazia si rivelò scellerato tanto che uno di loro, a metà del secolo, fece rimuovere la copertura in piombo del tetto dell’abbazia per poi venderla.
L’asportazione del piombo portò al deperimento di tutte le strutture dell’edificio poiché la stabilità delle stesse era in buona sostanza garantita da quel tetto rimosso senza nessun criterio.
Nel 1577 furono tentati dei lavori di restauro che però non riuscirono ad arrestare il degrado che progressivamente stava subendo tutto il complesso, risultando pertanto inutili.
Nella prima metà del settecento più parti del complesso erano ormai crollate (nel 1781 venne giù quello che restava delle volte) e quelle che risultavano ancora in piedi ricevettero un duro colpo quando nel 1876 la torre campanaria, colpita da un fulmine, crollò su ciò che restava dell'abbazia. Si salvò solo la campana principale che però, di lì a poco, venne fusa e venduta come bronzo.
Adibita addirittura a fonderia, l’abbazia venne sconsacrata definitivamente nel 1789 e quindi abbandonata.
Agli inizi del XIX secolo ciò che restava del monastero venne restaurato per essere utilizzato come fattoria mentre la chiesa torno a suscitare interesse vero la fine dell’ottocento quando si iniziò ad ipotizzare un restauro delle strutture architettoniche. A tal fine venne effettuato un corposo studio storico a cui si accompagnò una campagna fotografica dei fratelli Alinari di firenze.
I restauri iniziarono nel 1926 e fu optato per il metodo conservativo con lo scopo di consolidare quanto rimaneva del monastero senza ricostruzioni arbitrarie o aggiunte.
L’edificio principale è costituito (ma sarebbe più corretto dire era dato che del complesso originario ne sono rimaste solo le rovine) da una chiesa a croce latina a tre navate orientate da est a ovest, con l’abside verso est. Unica variante rispetto alle basiliche cistercensi è proprio l’abside che è a pianta quadrata (molto diffuso in italia) a sinistra del quale troviamo una porta e una monofora che è quanto rimane del campanile. Al posto del pavimento vi è una superficie in terra battuta mentre, in alcuni punti (le cappelle e le campate minori del transetto), è ancora presente la copertura originaria costituita da volte a crociera poggianti su costoloni.
Da una porta che si apre sulla parete della navata laterale (ora usata come ingresso principale) era possibile accedere al chiostro del quale rimane solo il lato orientale ricostruito negli anni 20 con materiali originari.
Accanto alla chiesa sorge la sala capitolare, uno degli ambienti più importanti in quanto si tenevano le riunioni del capitolo dei monaci per deliberare gli atti riguardanti il governo della comunità. L’ambiente è costituito da sei campate e illuminato da alcune finestre, due bifore che davano sul chiostro e tre monofore sulla parete di fondo.
Del resto del complesso (refettorio, le cucine, il focolare, i vari annessi, latrine, ecc.) non resta più traccia.
Ciao,
Adriano.