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[Commenti] Favelas Luminose - Una visione positiva di Rio de Janeiro
Iniziato da
Spinoza
, set 22 2012 09:41
Rio de Janeiro Favelas Reportage Brasile
40 risposte a questa discussione
#21
Inviato 29 settembre 2012 - 16:09
Una rapida risposta alle ultime due domande:
1. L'origine delle favelas urbane di Rio è legata al momento in cui fu abolita la schiavitù in Brasile (1888): gli ex-schiavi si trovarono senza un posto dove andare e per restare vicini al loro "posto di lavoro" si trasferirono sulle montagne intorno alla città. Chiaro poi che povertà e abbandono hanno fatto il resto, ma molte persone che raggiungono l'agiatezza continuano a vivere nella "loro" favela, per la loro ricchezza culturale e senso di appartenenza.
2. Non ho foto di backstage, ma mi vestivo come uno di loro e cioè come mi vesto sempre a Rio: infradito, bermuda scuri e T-shirt. In tasca 20R$ e telefonino. Nient'altro.
Nessuna borsa fotografica e l'attrezzatura più semplice che possiate immaginare.
1. L'origine delle favelas urbane di Rio è legata al momento in cui fu abolita la schiavitù in Brasile (1888): gli ex-schiavi si trovarono senza un posto dove andare e per restare vicini al loro "posto di lavoro" si trasferirono sulle montagne intorno alla città. Chiaro poi che povertà e abbandono hanno fatto il resto, ma molte persone che raggiungono l'agiatezza continuano a vivere nella "loro" favela, per la loro ricchezza culturale e senso di appartenenza.
2. Non ho foto di backstage, ma mi vestivo come uno di loro e cioè come mi vesto sempre a Rio: infradito, bermuda scuri e T-shirt. In tasca 20R$ e telefonino. Nient'altro.
Nessuna borsa fotografica e l'attrezzatura più semplice che possiate immaginare.
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#22
Inviato 29 settembre 2012 - 16:40
Un piccolo inquadramento della storia della schiavitú nel continente americano (e non solo del Brasile).1. L'origine delle favelas urbane di Rio è legata al momento in cui fu abolita la schiavitù in Brasile (1888): gli ex-schiavi si trovarono senza un posto dove andare e per restare vicini al loro "posto di lavoro" si trasferirono sulle montagne intorno alla città. Chiaro poi che povertà e abbandono hanno fatto il resto, ma molte persone che raggiungono l'agiatezza continuano a vivere nella "loro" favela, per la loro ricchezza culturale e senso di appartenenza.
Per quanto difficile possa essere immaginarlo ora, nel XXI secolo, l'abolizione della schiavitú é stata molto spesso un dramma vero e propri per gli ex-schiavi.
Al contrario di quanto si pensa comunemente, all'abolizione si é arrivati non tanto per ragioni umanitarie, ma meramente per ragioni economiche.
L'importanza dei movimenti sociali abolizionisti é molto relativa (quasi inesistente), ed il grosso del "pensiero abolizionista" é dato dall'applicazione delle leggi inglesi di due secoli prima, che inquadravano gli schiavi come "beni materiali".
Un atto economico-buocratico, insomma.
Prima di tutto l'abolizione della schiavitú in quanto tale segue di molte decine di anni l'abolizione della tratta e del commercio triangolare nell'Atlantico.
Era diventato un commercio in perdita, non piú remunerativo.
A nessuno, negli ultimi anni del '700, interessava il depauperamento delle "risorse umane" nell'africa nera, se non per il fatto che avendo ormai deportato una fetta troppo consistente di giovani in forze, le societá africane stavano decadendo, e non era piú in grado di comprare beni europei scambiandoli con schiavi....
Tra cinquanta e novanta anni dopo, anche l'esistenza degli schiavi comincia ad essere antieconomica.
Le lavorazioni industriali applicate all'agricoltura rendono le grandi piantagioni troppo costose se gestite con risorse umane...
...Ma soprattutto comincia ad apparire la realtá sociale che la tratta e lo schiavismo ha creato nelle Americhe. Si prende atto cioé dell'esistenza di una societá parallela fatta di schiavi di molte generazioni, a cui il proprietario deve fornire vitto e alloggio, ed educazione quando gli schiavi sono impiegati in determinate mansioni. Puramente per una questione di salvaguardia del valore del "bene-schiavo".
Ed il prezzo degli schiavi, in mancanza dell'apporto costante di nuova "materia prima" che decine di anni prima era garantito dalla tratta, diventa sempre piú elevato.
Contemporaneamente, le realtá industriali europee hanno "inventato" la figura del lavoratore salariato, inesistente nei secoli d'oro del commercio triangolare.
Ed i lavortori salariati hanno diversi vantaggi sugli schiavi, dal punto di vista dei datori di lavoro.
Per prima cosa il datore di lavoro non deve garantire alloggio ed educazione agli operai, e soprattutto le crisi cicliche (sanitarie e di carenza di cibo) che affliggono le campagne portano verso le fabbriche un numero sempre piú elevato di persone pronte a lavorare come salariati.
E piú persone significa piú concorrenza, quindi salari piú bassi e condizioni lavorative peggiori per il lavoratore.
Quando lo stesso modello si sposta anche verso le campagne, con la meccanizzazione di metá ottocento, lo stesso concetto viene applicato dai proprietari terrieri, che in moltissime situazioni si trovano ad avere un surplus di manodopera (schiavile nelle colonie ed ex colonie) che in quanto tale non puó essere semplicemente lasciata a sé stessa, come avviene con gli operai ed i "contadini meccanizzati".
Il proprietario ha dei doveri verso gli schiavi che il padrone della fabbrica non ha verso gli operai.
La liberazione degli schiavi non avviene quindi per motivi pietistici, ma solo e solamente per motivi economici.
Le conseguenze sono molto spesso disastrose, ed in diversi casi portano a rivolte sanguinose che con il "sedimentarsi" della situazione schiavile e con il mancato apporto di nuovi schiavi dalla tratta erano totalmente dimenticate.
Gli schiavi erano in qualche modo persone garantite, perché dotate di un valore commerciale che il proprietario doveva salvaguardare.
Le stesse persone, una volta libere, non avevano piú nessun diritto, e non potevano rivendicare nessuno dei benefici che prima avevano di diritto, in quanto "cose".
L'idea che l'abolizione della condizione schiavile sia stata un bene é purtroppo molto spesso errata ed utopica, e purtroppo la realtá lo ha dimostrato praticamente ovunque, in America.
Le Favelas sono dunque uno degli effetti deleteri della perdita di identitá degli ex schiavi....
Da schiavi, con diritti, doveri e mansioni, diventano "persone"... senza diritti e senza mansioni, alla mercé del libero mercato per quanto riguarda i loro doveri e la remunerazione delle loro mansioni.
a_
andrea landi
justnuances.com
Chissà cosa si trova a liberarela fiducia nelle proprie tentazioni...
#23
Inviato 29 settembre 2012 - 16:40
Chissá perché, ne ero praticamente certo.2. Non ho foto di backstage, ma mi vestivo come uno di loro e cioè come mi vesto sempre a Rio: infradito, bermuda scuri e T-shirt. In tasca 20R$ e telefonino. Nient'altro.
Nessuna borsa fotografica e l'attrezzatura più semplice che possiate immaginare.
a_
andrea landi
justnuances.com
Chissà cosa si trova a liberarela fiducia nelle proprie tentazioni...
#24
Inviato 29 settembre 2012 - 17:46
E' interessante ricordare che ci fu una fase intermedia a Rio.
Gli ex-schiavi andarono ad abitare nei "cortiços", e cioè antichi casoni padronali abbandonati dai signori e trasformati in misere coabitazioni.
Questi cortiços occupavano le zone più nobili del centro di Rio.
Con la scusa della propagazione della febbre gialla, fu deciso l'abbattimento dei cortiços.
Nella notte del 26 gennaio 1893 il Prefetto (sindaco) Cândido Barata Ribeiro condusse un'imponente operazione di polizia per lo sgombro del più grande cortiço di Rio, il "Cabeça de Porco".
Più di 4000 abitanti si ritrovarono in mezzo alla strada. Gli fu consentito di prendersi solo i materiali di legno delle loro case. Il cortiço fu raso al suolo e gli abitanti si costruirono delle baracche su una montagna lì vicino: la "Favela do Morro", la prima favela di Rio.
A partire dal 1901 il nuovo Prefetto Pereira Passos rimodellò completamente il centro di Rio ispirandosi a Eugene Haussmann, che aveva "rimodellato" più del 60% di Parigi 30 anni prima eliminando le strette viuzze (ideali per le trincee rivoluzionarie delle Comuni di Parigi) e sostituendole coi grandi Boulevards. Anche a Rio il risultato estetico fu senza dubbio eccellente, ma nella notte del 26/01/1893 fu di fatto inaugurata l'era delle Favelas di Rio.
Gli ex-schiavi andarono ad abitare nei "cortiços", e cioè antichi casoni padronali abbandonati dai signori e trasformati in misere coabitazioni.
Questi cortiços occupavano le zone più nobili del centro di Rio.
Con la scusa della propagazione della febbre gialla, fu deciso l'abbattimento dei cortiços.
Nella notte del 26 gennaio 1893 il Prefetto (sindaco) Cândido Barata Ribeiro condusse un'imponente operazione di polizia per lo sgombro del più grande cortiço di Rio, il "Cabeça de Porco".
Più di 4000 abitanti si ritrovarono in mezzo alla strada. Gli fu consentito di prendersi solo i materiali di legno delle loro case. Il cortiço fu raso al suolo e gli abitanti si costruirono delle baracche su una montagna lì vicino: la "Favela do Morro", la prima favela di Rio.
A partire dal 1901 il nuovo Prefetto Pereira Passos rimodellò completamente il centro di Rio ispirandosi a Eugene Haussmann, che aveva "rimodellato" più del 60% di Parigi 30 anni prima eliminando le strette viuzze (ideali per le trincee rivoluzionarie delle Comuni di Parigi) e sostituendole coi grandi Boulevards. Anche a Rio il risultato estetico fu senza dubbio eccellente, ma nella notte del 26/01/1893 fu di fatto inaugurata l'era delle Favelas di Rio.
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#25 Ospite_fuarce_*
Inviato 30 settembre 2012 - 08:59
Bellissime immagini e un testo essenziale e chiaro.
Amo soprattutto quella dell'Ascesa: oltre ad essere veramente toccante come fotografia (la schiena lucida di sudore del padre che porta faticosamente il figlio su per le lunghissime scalinate delle favelas), puo certamente simboleggiare il desiderio di emancipazione di queste popolazioni.
Complimenti.
P.S. Nel mio caso l'amore per il Brasile è legato alla fatto di verere un fratello "brasiliano" che risiede da 23 anni a Jijoca de Jericoacoara...
Amo soprattutto quella dell'Ascesa: oltre ad essere veramente toccante come fotografia (la schiena lucida di sudore del padre che porta faticosamente il figlio su per le lunghissime scalinate delle favelas), puo certamente simboleggiare il desiderio di emancipazione di queste popolazioni.
Complimenti.
P.S. Nel mio caso l'amore per il Brasile è legato alla fatto di verere un fratello "brasiliano" che risiede da 23 anni a Jijoca de Jericoacoara...
#26
Inviato 30 settembre 2012 - 09:28
Un grande lavoro che ha prodotto delle bellissime immagini.
Mi sono piaciute praticamente tutte le foto ma quella che prediligo è la penultima quella con il bambino che ti indica sorridendo.
Trovo l'espressione del viso bellissima e lo sguardo mostra un misto di gioia e furbizia tipico dei bambini. Mi piace pensare che il progetto del governo brasiliano possa veramente aver successo, in modo da riuscire a donare a tutti i bambini quello sguardo.
Ottimo lavoro.
Marco
Mi sono piaciute praticamente tutte le foto ma quella che prediligo è la penultima quella con il bambino che ti indica sorridendo.
Trovo l'espressione del viso bellissima e lo sguardo mostra un misto di gioia e furbizia tipico dei bambini. Mi piace pensare che il progetto del governo brasiliano possa veramente aver successo, in modo da riuscire a donare a tutti i bambini quello sguardo.
Ottimo lavoro.
Marco
#27
Inviato 02 ottobre 2012 - 08:39
Interessante la storia dell'abolizione della schiavitù in brasile.......... la butto lì: sarebbe interessante metterla nel libro assieme alle foto come introduzione.......... o no?
"I fili si congiungono e prendono forma, si torcono e si intrecciano; a volte si sciolgono, si spezzano e si uniscono di nuovo. Questo è il kumihimo. Questo è il tempo. Questo è... Musubi"
#28
Inviato 02 ottobre 2012 - 10:28
Un modo di raccontare diretto, sia nello scritto che nelle foto, con inquadrature da reportage molto ben curate, secondo me.
Complimenti sinceri per questo intenso lavoro,
G.
Complimenti sinceri per questo intenso lavoro,
G.
Giuliano
Il mio blog: Lettura di luce
...e qui su Nikonland: Profondità di campo...bis
La mia alternativa a Facebook: Non solo Facebook
La trasmissione radio che conduco sulla fotografia: Kodachrome Radio Barrio
#29
Inviato 03 ottobre 2012 - 17:18
Molto, molto bello il reportage.
Mi associo al metodo seguito nel contatto con le persone, anche se io non so se ne sarei capace, come minimo mi muoverei con qualche accompagnatore del posto.
Mi fa molto piacere sentire che la situazione sta davvero migliorando nelle favelas.
Mi associo al metodo seguito nel contatto con le persone, anche se io non so se ne sarei capace, come minimo mi muoverei con qualche accompagnatore del posto.
Mi fa molto piacere sentire che la situazione sta davvero migliorando nelle favelas.
La gente é il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto. Charles Bukowski
#30
Inviato 04 ottobre 2012 - 08:18
veramente molto belle, affascinanti, fanno riflettere....
#31
Inviato 04 ottobre 2012 - 21:45
Complimenti gran belle immagini di fotogiornalismo e anche un bel racconto, molto interessante e competente... tutto molto professionale.
Sono venuto a conoscenza di cose che ignoravo completamente, in un modo molto gradevole e per niente noioso... ma sei un giornalista?
Invidio la tua capacità di relazionarti con chi devi fotografare.
Sono venuto a conoscenza di cose che ignoravo completamente, in un modo molto gradevole e per niente noioso... ma sei un giornalista?
Invidio la tua capacità di relazionarti con chi devi fotografare.
#32 Ospite_Notturno_*
Inviato 08 ottobre 2012 - 14:20
Ti faccio i miei più sinceri complimenti Spinoza, quando ho letto il titolo del reportage mi aspettavo qualcosa di più drammatico, cupo.
Forse ideologicamente deviato anche da pellicole cinematografiche come City Of God o Tropa de Elite... ed invece ho trovato un bellissimo reportage che mi fa percepire il buono che c'è da quelle parti. Sopratutto la serie a colori mi piace molto, il colore valorizza gli scatti in questo caso, sia per cromie che per sensazione di gioia nel vivere. La prima con i 3 ragazzi sulla scalinata e il Cristo sullo sfondo è splendida...
Da questo punto di vista trovo le tue serie originali, vertono su concetti e situazioni un po' differenti dagli altri reportage nelle favelas che ho visto.
Forse ideologicamente deviato anche da pellicole cinematografiche come City Of God o Tropa de Elite... ed invece ho trovato un bellissimo reportage che mi fa percepire il buono che c'è da quelle parti. Sopratutto la serie a colori mi piace molto, il colore valorizza gli scatti in questo caso, sia per cromie che per sensazione di gioia nel vivere. La prima con i 3 ragazzi sulla scalinata e il Cristo sullo sfondo è splendida...
Da questo punto di vista trovo le tue serie originali, vertono su concetti e situazioni un po' differenti dagli altri reportage nelle favelas che ho visto.
#33
Inviato 15 marzo 2013 - 14:41
Ciao Spinoza, (ritengo sia il tuo nome di battesimo ma se fosse invece il cognome correggimi)
del Brasile e dell'America Latina so davvero poco; studiando le tue immagini, leggendo i testi che l'accompagnano, ho capito quanti preconcetti avevo dell'immagine stessa di favelas, o forse sono tracce di una realtà passata non più attuale. Molti lustri fa, rientrando in aereo in Canada, dove allora abitavo, conobbi Cristina, ventenne di genitori padovani ma nata e residente a Belo Horizonte. In seguito ci scrivemmo molto finchè lei mi propose di andarla a trovare in occasione del carnevale di Rio: una sua ricca zia aveva casa proprio sul largo viale lungo il quale scorreva il carnevale. Oggi so che invece la gente confluisce in un enorme stadio dove si svolge gran parte dello spettacolo. Fu per me una settimana travolgente durante la quale quasi non dormimmo: c'erano sempre cose da vedere, feste private alle quali eravamo invitati, specie quando si veniva a sapere che arrivavo dall'Italia.
In seguito, purtroppo ci perdemmo di vista e quella resta per me l'unica esperienza di vita brasileira, il solo, vero contatto con quella realtà.
Ora, le tue foto, le tue parole, soprattutto l'amore forte che da esse traspare, proprio in quel desiderio di rifuggire da un ipocrita pietismo che inevitabilmente avrebbe seguito una serie di immagini di miseria e di povertà. Condivido in pieno la tua filosofia che è anche etica, un concetto (anzi la parola stessa) oggi totalmente obsoleto.
Vedo che abiti a Venezia, una città cui sono molto legato per averci avuto casa per circa 18 mesi in epoca universitaria. Ma questa è un'altra storia, come si dice in questi casi. Magari, visto che Bologna non è tanto lontana da lì, puoò essere che, se vorrai, un giorno te la possa raccontare a voce e tu mi racconterai il tuo Brasile.
ALberto
del Brasile e dell'America Latina so davvero poco; studiando le tue immagini, leggendo i testi che l'accompagnano, ho capito quanti preconcetti avevo dell'immagine stessa di favelas, o forse sono tracce di una realtà passata non più attuale. Molti lustri fa, rientrando in aereo in Canada, dove allora abitavo, conobbi Cristina, ventenne di genitori padovani ma nata e residente a Belo Horizonte. In seguito ci scrivemmo molto finchè lei mi propose di andarla a trovare in occasione del carnevale di Rio: una sua ricca zia aveva casa proprio sul largo viale lungo il quale scorreva il carnevale. Oggi so che invece la gente confluisce in un enorme stadio dove si svolge gran parte dello spettacolo. Fu per me una settimana travolgente durante la quale quasi non dormimmo: c'erano sempre cose da vedere, feste private alle quali eravamo invitati, specie quando si veniva a sapere che arrivavo dall'Italia.
In seguito, purtroppo ci perdemmo di vista e quella resta per me l'unica esperienza di vita brasileira, il solo, vero contatto con quella realtà.
Ora, le tue foto, le tue parole, soprattutto l'amore forte che da esse traspare, proprio in quel desiderio di rifuggire da un ipocrita pietismo che inevitabilmente avrebbe seguito una serie di immagini di miseria e di povertà. Condivido in pieno la tua filosofia che è anche etica, un concetto (anzi la parola stessa) oggi totalmente obsoleto.
Vedo che abiti a Venezia, una città cui sono molto legato per averci avuto casa per circa 18 mesi in epoca universitaria. Ma questa è un'altra storia, come si dice in questi casi. Magari, visto che Bologna non è tanto lontana da lì, puoò essere che, se vorrai, un giorno te la possa raccontare a voce e tu mi racconterai il tuo Brasile.
ALberto
#34
Inviato 15 marzo 2013 - 17:44
Grazie Alberto. Il mio nome è Michele. Spinoza è solo un omaggio a quell'olandese per via di certe questioni di etica...
Il largo viale di Rio che ricordi si chiama Avenida Rio Branco ed era lì che sfilava il Carnevale fino agli anni 80 quando fu costruito il Sambodromo.
E il punto magico era l'incrocio tra l'Avenida Rio Branco e l'Avenida Presidente Vargas...la batucada scuoteva perfino il cielo e dentro ai palazzi nessuno dormiva per una settimana. Ancora oggi c'è il carnevale lì, lo sapevi? non quello delle "ricche" scuole di Samba, ma quello dei "blocos" (blocchi) che sono micro-scuole di samba a carattere dilettantesco che molti ritengono essere i veri eredi del carnevale originale.
Se passi da Venezia (o da Rio, ma con preavviso...) sarà un piacere incontrarti.
Il largo viale di Rio che ricordi si chiama Avenida Rio Branco ed era lì che sfilava il Carnevale fino agli anni 80 quando fu costruito il Sambodromo.
E il punto magico era l'incrocio tra l'Avenida Rio Branco e l'Avenida Presidente Vargas...la batucada scuoteva perfino il cielo e dentro ai palazzi nessuno dormiva per una settimana. Ancora oggi c'è il carnevale lì, lo sapevi? non quello delle "ricche" scuole di Samba, ma quello dei "blocos" (blocchi) che sono micro-scuole di samba a carattere dilettantesco che molti ritengono essere i veri eredi del carnevale originale.
Se passi da Venezia (o da Rio, ma con preavviso...) sarà un piacere incontrarti.
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#35
Inviato 15 marzo 2013 - 17:45
Mimetizzarsi, tenere un basso profilo, essere camaleontici. Essenziale. Per favorire il contatto, il dialogo e soprattutto per non fare sentire loro dei diversi, creature di uno zoo e noi visitatori curiosi, anche un po' morbosi.
#36
Inviato 15 marzo 2013 - 17:52
Grazie Alberto. Il mio nome è Michele. Spinoza è solo un omaggio a quell'olandese per via di certe questioni di etica...
Il largo viale di Rio che ricordi si chiama Avenida Rio Branco ed era lì che sfilava il Carnevale fino agli anni 80 quando fu costruito il Sambodromo.
E il punto magico era l'incrocio tra l'Avenida Rio Branco e l'Avenida Presidente Vargas...la batucada scuoteva perfino il cielo e dentro ai palazzi nessuno dormiva per una settimana. Ancora oggi c'è il carnevale lì, lo sapevi? non quello delle "ricche" scuole di Samba, ma quello dei "blocos" (blocchi) che sono micro-scuole di samba a carattere dilettantesco che molti ritengono essere i veri eredi del carnevale originale.
Se passi da Venezia (o da Rio, ma con preavviso...) sarà un piacere incontrarti.
Ah...avrei dovuto subodorare...Baruch Espinoza il razionalista. Capiterò certamente a Venezia, lo faccio ogni volta che mi è possibile. Spesso sperando di portare a casa qualche scatto non scontato della Serenissima. Cosa non facile... :-) Lo stesso se tu capitassi a Bologna: a.angelici@gmail.com Via e-mail ti mando il telefono. E ancora complimenti per il bel reportage, testi e foto.
#37
Inviato 18 ottobre 2014 - 12:22
Lavoro STUPENDO che purtroppo ho scoperto solo ora.
Foto bellissime e culturalmente molto interessante.
Grazie davvero.
#38
Inviato 19 ottobre 2014 - 08:55
Lavoro che (ri)vedo sempre volentieri, ma ora come allora, non riesco trovare parole ... sono immagini che parlano da sole ...
Più che scrivere con la luce, mi piace giocare con la luce. Lens sana in photocamera sana
Daniele Andreoli
Daniele Andreoli
#39
Inviato 19 ottobre 2014 - 09:06
Mi piacciono particolarmente, in quanto non mi sembrano affatto le foto del solito reportage manieristico di denuncia, ma che ci sia una reale analisi degli gli aspetti di vita di una popolazione, che pur nella sua povertà offre un quadro realistico della sua dignità e modo di vivere.
Saluti
bergat
bergat
#40
Inviato 19 ottobre 2014 - 09:23
Gran bel lavoro Michele!
Foto emozionanti, belle anche perché raccontano senza pietismo, anzi, traspare un ottimismo ed una gioia di vivere a dispetto della dura realtà. Un originale e rispettoso approccio.
Grazie.
Foto emozionanti, belle anche perché raccontano senza pietismo, anzi, traspare un ottimismo ed una gioia di vivere a dispetto della dura realtà. Un originale e rispettoso approccio.
Grazie.
"Se non fosse per la Fotografia sarei solo un uomo."
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