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C'erano 2 risultati taggati con africa

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  1. A caccia in Tanzania con gli Hadzabe

    Un giorno Ordinario con gli Hadzabe

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    Gli Hadzabe (o Hadza boscimani) sono una tribù nomade di una etnia del centro-nord della Tanzania nei pressi del Lake Eyasi (Africa). La tribù Hadza sembra provenire dalle Khoisanids.
    Usano un linguaggio caratterizzato da "click-sound" (consonanti emessi con "schiocchi della lingua") e conservano ancora una rudimentale forma di vita molto simili ai loro antenati.
    Grazie a questa forma di vita ancestrale, ad un'economia basata sulla caccia (arco e freccia), alla raccolta e per il commercio al baratto, gli Hadzabe sono stati in grado di sopravvivere negli ultimi 40 mila anni.
    In questo documentario fotografico cercherò di riflettere, attraverso fotografie, sui costumi sociali e rituali, sulla loro affinità con l'ambiente e con gli animali selvatici, nonché sul loro rapporto con le tribù vicine.
    Una opportunità di documentare un gruppo etnico contemporaneo, che discende direttamente dagli antenati africani più diretti all "Homo Sapiens".

    Materiale per la caccia (maggiormermente arco e frecce) e provviggioni affumicate e lasciate essiccare al sole
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    Il gruppo degli uomini che si dedicano alla caccia, vivono separati dalle donne che si dedicano a badare ai piu' giovani
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    Sebbene sia il centro Africa la mattina prima del sorgere il sole fa abbastanza freddo si socializza e ci si riscalda intorno al fuoco
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    E' ora di andare....accompagnati dai fedeli amici
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    • gen 23 2014 01:12
    • da Fab Cortesi
  2. Nick Brandt: un grido per l'Africa

    Nick Brandt nasce nel 1964 in Inghilterra, studia pittura e cinematografia alla Saint Martin's School of Art. All'inizio degli anni 90 si trasferisce negli USA dove dirige alcuni video musicali di successo tra cui uno con Michael Jackson.
     
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    Nel 1995, durante le riprese di uno di questi video (Earth Song) ambientato in Tanzania, si innamora della natura e degli animali d'Africa. Per alcuni anni cerca di trasmettere senza successo le sue sensazioni nei confronti di questa terra.
    Poi ha un'intuizione, esprimerà questo sentimento tramite la fotografia, ma una fotografia diversa.
     
    Brandt infatti sceglie di fotografare in un modo completamente diverso da quasi tutti gli altri fotografi naturalisti. Le sue immagini sono molto lontane dalla vivacità di colori e dal dinamismo che si incontra nella quasi totalità della fotografia naturalistica di oggi. 
     

    [attachment=97965:Nick-Brandt-Wildlife-Photographer-Male-and-Female-Lionjpg-700x466.jpg]

     

    Nick Brandt fotografa in bianco e  nero su pellicola medio formato e non usa teleobiettivi potenti perchè, secondo lui, sono di ostacolo nel catturare l'essenza degli animali, secondo Brandt, con gli animali è come con le persone, non puoi rivelarne la personalità con un ritratto  ripreso da lontano a loro insaputa.
    Devi essere vicino, presente (viene da chiedersi cosa faccia o cosa abbia per non venire mangiato dai leoni o calpestato da un elefante, come è successo ad altro fotografo famoso, Peter Beard, che se l'è cavata per un soffio).
    Afferma di amare le "sorprese" e le "imperfezioni"  della pellicola, come la luce interagisce in modo inaspettato con il negativo.
    Secondo lui le foto troppo perfette tecnicamente non necessariamente sono migliori o più interessanti.
     

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    Dal 2000 inizia il suo progetto fotografico: non documentare, ma celebrare, la bellezza, direi la grandezza, della natura africana minacciata di distruzione, per consegnarla alla memoria, prima che scompaia, nella speranza che qualcuno si muova per preservare almeno quel che ne rimane.
     
    Il suo lavoro si concretizza in una trilogia di libri i cui titoli formano in sequenza un'unica frase: "On This Earth", "A Shadow Falls", "Across The Ravaged Land" (ossia "Su questa Terra" "Si proietta un'Ombra", "Su di una terra devastata"), oltre a numerosissime mostre.
     

     

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    Nel 2010 esasperato dal contrabbando di avorio, causa della strage degli elefanti, diviene co-fondatore della Fondazione Big Life, per la conservazione della fauna (e della natura) dell'Africa Orientale, a questo proposito scrive:"There’s little use being angry and passive. Much better to be angry and active." Ossia "serve a poco essere arrabbiati e passivi,. Molto meglio essere arrabbiati e fare qualcosa".
    Come non essere d'accordo.
     
     

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    La "cosa"  bianca è un cranio di elefante.

     

     

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    Nel 2016 pubblica una mostra/installazione ed un  libro intitolati "Inherit the dust" (eredita la polvere) nella quale tramite una serie di imponenti foto panoramiche documenta l'impatto umano nell'Africa Orientale luoghi dove un tempo gli animali vagavano liberi, ora non più. In ogni location, pannelli a  grandezza naturale degli animali sono sovrapposti ad un ambiente di affollamento urbanistico, fabbriche, discariche e cave. 
     

     

     

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    • ago 15 2016 16:32
    • da Silvio Renesto