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Una storia del canneto
lug 05 2014 01:00 |
Silvio Renesto
in Natura
tarabusino nikon ambienteNidificano nel folto del canneto, che è separato dalla sponda da un canale, così che gli uccelli si sentono al sicuro e sono un po' più confidenti che in altri luoghi.
Per questo è più facile avvistare questo piccolo ardeide, altrimenti piuttosto timido. Consapevoli della "cintura di sicurezza" i tarabusini si affacciano dal canneto per pescare, indifferenti agli umani che poco più in là sulla strada sterrata passeggiano, o, magari, fotografano senza bisongo di capanni o protezioni.
L'indifferenza da parte del soggetto è il concetto fondamentale, l'obiettivo da raggiungere, come insegna il grande Domenico Ruiu. Se l'animale non è perennemente all'erta, ma fa tranquillamente le sue cose davanti a te come se tu neanche ci fossi, significa che non stai arrecando stress e puoi fotografare con la coscienza tranquilla.
Ma torniamo ai tarabusini. Nonostante i temporali di questo strano inizio d'estate, la nidificazione ha avuto successo ed i pulli già cresciutelli hanno cominciato ad abbandonare il nido (praticamente invisibile nel folto del canneto) e, pur dipendendo ancora dai genitori per il cibo, anche loro tentano qualche timida "sortita", per poi rincorrere il padre o la madre per ricevere l'imbeccata.
Questo preambolo per introdurre il contesto in cui si sviluppa il discorso fotografico.
Già lo scorso anno avevo fotografato i Tarabusini, maschio e femmina, nello stesso posto.
Questo è il maschio fotografato l'anno scorso.
Quest'anno, invece di cercare il ritrattone, ho voluto provare ad ottenere immagini che raccontino l'ambiente in cui questi uccelli vivono e nel contempo siano immagini gradevoli anche da chi non ha il birdwatching come passione.
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11 Comments
Ciao.
Le foto esprimono bene il contesto, ed alcuni comportamenti. La luce dura in questo caso non la vedo fastidiosa.
Ciao Silvio,
per me la fotografia naturalistica e' solamente questa raccontata che ci proponi in questa, ed in altre discussioni simili a questa, da te edite in questi anni su Nikonland.
Mi dispiace per chi non lo sa fare, ma i "ritrattoni" (come tu stesso li definisci) che spesso invece vedo pubblicati senza commenti, senza alcun riferimento alle condizioni di ripresa, (non della macchina, ma del fotografo), mi paiono piu' simili a quei trofei di caccia, di quella caccia fine a se stessa dalla quale questi fotografi dicono veementemente di volersi distaccare....
Ma le modalita' di alcuni, le parole utilizzate per qualificare le foto in questione e la nessuna cura per chi le osserva estasiato (si...perche' sono anche bellissime) mi fanno pensare che quei fotografi nutrano nel loro inconscio l'idea di essersi impadronito di quella "preda".
E cosi' non mi piace...
Grazie Max,
senz'altro c'è chi vede la "bella cattura" (!) come trofeo da aggiungere alla collezione, e forse non sono nemmeno pochi, ma ce ne sono tanti altri che sono creativi, anche loro ammirati, "estasiati" come dici tu, dalla bellezza stessa del soggetto, solo che danno per scontato quello che c'è dietro, cosa accettabile in un forum/circolo fotografico specializzato, perché chi vede ha già un'idea ma, sono d'accordo con te, ci sta molto meno in un forum generalista, dove si rischia di diventare autoreferenziali e fare il forum nel forum o di estinguersi per mancanza di feedback.
Come dico sempre, per amare bisogna conoscere, quindi per far amare una cosa a qualcuno bisogna fargliela conoscere
Va benissimo così, interessante e ben raccontato.
Bel racconto fotografico ,complimenti Sig. RENESTO
Bravo Silvio!
C'è un laghetto dalle mie parti, è un tarabusaio da sempre. Purtroppo non c'è verso, non sono affatto confidenti e disinteressati alla presenza umana, quindi serve mimetizzarsi e aspettare a lungo (2 palle!).
Come più volte ci siamo detti, questo è il senso della foto della natura, non altri. Raccontare il luogo e il suo abitante (o i suoi abitanti) è molto più significativo del ritratto stretto, magari perfetto per carità, ma fine e sé stesso.
Grazie e ciao
Caro Silvio, quando leggo la parola "storia" (in qualsiasi contesto) mi sento immediatamente attratto. Se poi c'è anche la fotografia...è il mio sogno!
Quindi bravissimo e grazie per la "storia".
Quanto ai ritrattoni mi piacciono molto anche quelli se messi "dentro" alla storia, quindi se ti capitasse di arricchirla anche con quelli penso che non nuocerebbe.
Complimenti Silvio
hai trasformato la tua mattina sotto al sole, a sudare circondato da moscerini e fermo in posizioni scomode
in un racconto
una "storia"
la quotidianità di una famiglia
in qualcosa di bello da leggere e da vedere
e da immaginare
seppur belli i video/documentari
non lasciano spazio al pensiero, all'immaginazione
il tuo racconto no
per me le foto del tuo racconto sono solo l'inizio, lo spunto, il cercare quel che c'era prima e quel che sta per accadere subito dopo
bravo
se ti riesce
se hai tempo e voglia
aspetto di leggere i prossimi
ps
divertentissima la foto del cecchino a "gambe divaricate"
e
commoventi
le ultime due immagini
Ciao Silvio,
il tuo racconto è bello e coinvolgente come al solito; leggerti è sempre un piacere, quindi continua a scrivere questi articoli che fanno bene a tutti (e come te chiunque altro se la senta e ne sia capace).
Detto questo passo alle immagini. Il coefficiente di difficoltà è sicuramente alto (luce difficile, soggetto solitamente molto elusivo, ambiente complicato, ecc.); con queste premesse trovo che hai fatto un lavoro eccellente, portando a casa immagini molto buone, dalle quali traspare la competenza, la passione e tutta la tua esperienza. Però..., perchè un però per me c'è, probabilmente molto soggettivo, come dirò più avanti, ma c'è: le trovo perfettamente documentative della specie e dell'ambiente, ma non mi trasmettono emozioni, non mi 'accendono la scintilla'.
Dicevo che si tratta di un sentire molto personale che in questo periodo riguarda molte delle foto che vedo in giro e anche e soprattutto le mie: non mi piace (più) quello che ottengo, al punto che finché i risultati non saranno quelli che ho in mente non posto nemmeno più. Può essere quindi che sia io in una fase ipercritica...
Passando al discorso generale, invece, sai che ho sempre apprezzato particolarmente le foto ambientate, così come quelle di 'ricerca artistica' pur nell'ambito della fotografia naturalistica, ma allo stesso modo trovo che anche i ritratti e ritrattoni abbiano la stessa dignità e comportino lo stesso livello di difficoltà e di conoscenza della specie per ottenere validi risultati. Resta inteso che anche i ritrattoni devono aver qualcosa da dire e non essere 'figurine', altrimenti sono fini a se stessi, come dice Valerio.
Insomma, per quel che mi riguarda, non importa se la foto sia di un genere o di un altro, ma importa che trasmetta, prima di tutto, emozioni. Anche una foto senza alcun commento o spiegazione, per come la intendo io, deve essere in grado di 'spingere' l'osservatore, anche occasionale, a documentarsi sul soggetto, le abitudini, l'ambiente, il luogo. Certo, se a corredo c'è anche un articolo interessante, l'esperienza di chi l'ha scattata, ecc., allora si avrà il massimo con il minimo sforzo e si sarà fatto quanto possibile per avvicinare tutti a questo meraviglioso mondo.
Mi piace quanto dice Paolo perchè non fa distinzioni tra un genere fotografico e l'altro e capisco bene il suo spirito.
Però penso che non sia sempre necessaria una sollecitazione emotiva per fare 'buona' fotografia e che qualche volta possa valere anche il piano razionale.
Poi quando una singola foto o un reportage sono in grado di 'trasportarmi altrove', anche solo per qualche istante, come fa questo piacevolissimo lavoro di Silvio, allora mi sento appagato.
Sono contento che il mio articolo abbia suscitato reazioni. Chiarisco che non vogliio demonizzare l'inquadratura stretta a favore del ritratto ambientato, sono d'accordo con Paolo e Marco (zip zip) che l'importante è che l'immagine dica qualcosa indipendentemente dalla categoria in cui la classifichiamo.
Come sempre dividere in categorie uccide la verità (modificato da un detto Zen)
Infatti l'anno scorso avevo fatto dei ritratti più stretti.
Vero soprattutto che l'immagine dovrebbe catturare lei, anche senza alcun testo a corredo.
Ho in mente una foto di un mio ex compagno di fotografia, un picchio verde che prende il volo fra spruzzi di neve. Lì non occorreva nemmeno il titolo, pura bellezza, non servivano parole.
Io purtroppo non ci arrivo. Lo so.
Il fatto che le immagini non vadano oltre il documentativo, cioè non emozionino... è un'indicazione soggettiva, ma su cui riflettere.
Grazie a tutti.