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Galen Burrell, poeta della natura
apr 29 2014 01:00 |
Silvio Renesto
in Grandi Fotografi
burrell galen natura foto nikIl suo In Search of Mountain Bluebirds (Grapich Sha, 1987) è stato "il" libro che mi ha fatto amare la fotografia di natura (ne avevo parlato anche qui su Nikonland). Considero Ronnie Gaubert la mia guida nella macro, ma è Galen Burrell che per primo mi ha aperto gli occhi, la mente ed il cuore sul "grande respiro" del mondo vivente .
Questo mio articolo vuole essere un ringraziamento e un tributo.
Galen Burrell nasce nel 1952 in una fattoria dello Iowa USA, nel 1977 si laurea in Wildlife Biology all'università di Washington. Nel 1982 inizia la sua carriera di fotografo naturalista, gira Gli USA con una Nikon FM2 ed usa quasi solo un 80-200mm f4 Ais ed un 400mm f3.5 Ais. Nel 1984 vince il contest BBC per la categoria forma e composizione.
Uno dei suoi libri più famosi, City geese è del 1987
Dello stesso anno è In search of the Mountain Bluebirds, forse il suo capolavoro.
Preceduto dal molto simile ed altrettanto bello
Successivamente compaiono molte sue foto in riviste e calendari naturalistci, ma dopo "When the Snowgeese are Gone" la sua produzione si rarefà, ristretta a collane didattiche "Chi vive nella palude degli alligatori" (sulle Everglades) e simili e praticamente di lui non sente quasi più parlare.
Una delle sue foto più recenti, risale al 2008, piazzata seconda in un contest americano.
La sua fotografia di natura è molto differente da quella a cui siamo abituati a pensare: il soggetto è quasi sempre piccolo nell'inquadratura e le sue foto (ai tempi rigorosamente Kodachrome) sono spesso scattate nella foschia, nella neve o comunque con un'esposizione tirata verso l'high key o addirittura sovraesposte in modo che il soggetto si riveli come una piccola macchia di colore nell'insieme delicato, soffuso.
Qualcuno lo ha accostato a Vincent Munier.
A me ricorda tantissimo la pittura orientale (non sarà un caso che Burrell sia membro della Japan Bird Society e che le sue opere migliori siano pubblicate da un editore giapponese) che amo moltissimo e forse anche questo me lo fa apprezzare particolarmente.
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7 Comments
Ciao Silvio,
sai che non lo conoscevo?
Mi pare molto interessante e sicuramente approfondirò.
Grazie per il contributo.
Grazie per il passaggio,
se riesci a recuperare uno e/o l'altro dei due libri migliori (sono scritti in Inglese oltre che in Giapponese ) vedrai che meritano. Si trovano usati a poco su Amazon.
Purtroppo devo confessare che anche se è vero che il suo modo di fotografare mi ha incantato, non sempre (o raramente ) riesco ad avere il coraggio di seguirlo, e mi scappa invece di fare il ritrattone "tagliente", ma meno poetico.
Ci vuole molto occhio e un po' coraggio a lasciare piccolo il soggetto e ambientare come si deve,
Ciao Silvio,
mi accodo a Paolo e colmo la lacuna. sono tantissimi i nomi di fotografi che sono apparsi, hanno avuto il loro periodo di gloria, e poi sono come scomparsi. E' un modo che ha l'editoria di innamorarsi per un po' di qualcuno, poi farlo "andare" come un calzino vecchio. Sono pochissimi quelli che riescono a mantenere una "popolarità" (parola quanto mai poco appropriata in questo contesto) costante nel tempo.
Ciò detto, mi sembra opportuno sottolineare la tua osservazione sul modo di inquadrare. L'altro giorno ho "rialloggiato" il post del WPOY 2013 sul mio blog (Fotobestia). Riguardavo i dati delle distribuzioni delle ottiche e mi sono accorto che quella distribuzione conferma ulteriormente la tendenza, ormai consolidata, di preferire l'immagine ambientata al primissimo piano. Infatti il grosso delle immagini del WPOY viene da focali che diremmo "corte" cioè sotto i 400mm (se non espressamente grandangolari spinte: un sacco di 16-35 in casa Nikon) e anche nel caso di forti tele si tratta di foto ambientate dove il soggetto è telecentricamente compresso nel suo paesaggio.
Il fatto è che chi legge le foto di natura da molto tempo a sta parte non ha più interesse al mero dettaglio descrittivo del selvatico di turno, ma cerca l'atmosfera dell'attimo, che solo una foto d'ambientazione può fornire. Del resto sono le foto che piacciono anche a noi no?
Grazie Silvio
Sì certo, c'è poi da aggiungere, come si diceva quando ci siamo visti alla garzaia, che di foto "descrittive" in genere ormai è pieno dappertutto, per cui la "figurina" della bestia in sè non colpisce più. Grande o piccolo che sia il soggetto, ci vuole un contesto interessante.
Ci piacciono, sì, come dice Silvio occhio e coraggio, e voglia di sperimentare, abituarsi ad uscire un po' dagli schemi, ... a riuscirci...
Il libro sui Bluebird lo avevo preso, e anche io trovo il suo stile delicato, con colori e toni non "urlati".
Le mera figurina ha fatto il suo tempo, anche se ogni tanto non posso farne a meno, ma sono d'accordo sul contesto globale.
Che dire... Forse meglio ancora di In search of mountains bluebirds... Poetico, incantevole, "umano" nella sua interiorizzazione della Natura, quasi "dolce". Peccato averlo "perso", o forse è bene così perché non avremmo avuto simili picchi.
Ora attendo lo sdoganamento di due sue stampe...