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Josef Sudek : la profondità delle cose semplici
feb 07 2014 01:00 |
Lieve
in Grandi Fotografi
Combattuti tra i 36 megapixel dell'ultima generazione di fotocamere e i 54 megapixel della prossima, possono non suscitare sensazione le fotografie di Josef Sudek, un nome che probabilmente ai più non dice granchè.
Ma se per un volta astraiamo dal maledetto aspetto tecnico - il dio minore che stritola e strappa tutta l'umanità dell'umanità dei giorni nostri - e ci permettiamo di guardare le fotografie di Josef Sudek con gli occhi del cuore, allora - senza comprendere, forse nemmeno lui realmnte comprendeva - ci renderemo conto che Sudek è la fotografia. Che le riprese dalla finestra del suo studio durante l'occupazione nazista di Praga dicono tanto di più del nostro ultimo viaggio in Birmania alla ricerca di mondi lontani. Che in fondo non è necessario andare tanto lontano per trovare la via giusta.
Eppure sotto quel peso c'era una acuta capacità di osservare ed una sensibiltà cui inutilmente si potrebbe dibattere per mesi e mesi in interminabili seminari. Come ho detto prima, astraiamo dal mezzo tecnico - parliamo di stampe di cui si è perso il negativo, vecchie di 80 o 90 anni e lasciamo che gli occhi siano guidati dal cuore.
Come lo sono queste figure tra le lame di luce nella passeggiata della nativa Kolin :
e anche se non sapremo mai se quella persona è scesa o salirà su quel tram in una mattina nebbiosa, possiamo fantasticare sulla sua storia
grazie solo a quel cono di luce e a quelle ombre. Quella nebbia ...
Sono mattine operose o placide quelle che vediamo ma ogni quadro ci racconta una storia :
l'auomobile nuova (una Skoda ?) sotto al castello di Praga nel 1926
la gru al lavoro nella nebbia in un mattino del 1921 (sulla Moldava ?)
le imbarcazioni e le figurette con un taglio garbato in questo seppia morbido ma più deciso.
una scena banale ? Eppure ...
Io trovo di grande forza anche questi still-life in studio. Gli oggetti sono disposti ed è il loro numero che parla :
in un modernismo che è figlio degli anni '20.
Ma poi ha il sopravvento la straordinaria umanità di Sudek, anche senza che sia presente un soggetto umano in questo che è il pane quotidiano :
l'uovo racchiude un ideale di completezza e in fotografia ha spesso avuto un ruolo di protagonista.
Dicevo all'inizio della serie di fotografie riprese dalla finestra dello studio, senza uscire
ce ne sono intere raccolte
Questa : Le ultime rose del 1956 è tra le mie foto preferite di Sudek
e ancora
Ma nel mio ideale la Praga di Sudek è anche questa :
la cattedrale di San Vito, l'Angelo caduto in terra, la testa della statua danneggiata dalla guerra nel 1945 che accoglie un nido e le piume dell'angelo ...
La curiosità di questa scena tra il vecchio fotografo e il bambino con i pantaloni corti mi ricorda che però Sudek é stato anche un ritrattista
dal tratto particolare, come ci ricordano queste tre fotografie.
Si è dedicato molto anche al nudo, con esiti originali su cui non mi soffermo in questa occasione ma all'interno della scuola ceka che tra le due guerre ha fatto tendenza.
E sarebbero centinaia le altre foto da considerare, prese da raccolte, libri, mostre
Josef Sudek alla sua ultima mostra © Charles Sawyer 1976
Sudek non si è mai sposato, ha vissuto solo per tutta la vita adulta. Non viaggiava, salvo rari casi si muoveva solo per incontrare i suoi più cari amici.
Ha vissuto tra due guerre devastanti e sotto due (o tre ?) regimi totalitari ed opprimenti.
Ha ricevuto riconoscimenti in tarda età, solo dagli anni '70 è stato oggetto di mostre in occidente.
A prima vista il suo lavoro può sembrare lugubre o deprimente.
Ma bisogna calarsi nell'animo della gente della sua terra per capirlo. E bisogna vedere la luce come la vedeva lui.
Lui stesso diceva che il suo viaggio fotografico è iniziato dentro alla cattedrale di San Vito, davanti alla luce che scendeva dalle vetrate e tra le navate.
C'è da credergli ma in fondo non ha molta importanza. Che fotografasse una rosa in un bicchiere, l'uovo che era il suo pranzo di quel giorno, un ramo sulla Moldava, una veduta lontana o la gente per la strada intenta a percorre i suoi propri passi c'è una umanità profonda e una sensibilità straordinaria in ogni suo scatto, come nel suo sguardo.
sia che le persone siano rappresentate o ci siano solo i segnaposto
Io continuo a trovarlo straordinario e fonte di grande ispirazione, come se le sue fotografie popolassero i miei sogni.
Ma se per un volta astraiamo dal maledetto aspetto tecnico - il dio minore che stritola e strappa tutta l'umanità dell'umanità dei giorni nostri - e ci permettiamo di guardare le fotografie di Josef Sudek con gli occhi del cuore, allora - senza comprendere, forse nemmeno lui realmnte comprendeva - ci renderemo conto che Sudek è la fotografia. Che le riprese dalla finestra del suo studio durante l'occupazione nazista di Praga dicono tanto di più del nostro ultimo viaggio in Birmania alla ricerca di mondi lontani. Che in fondo non è necessario andare tanto lontano per trovare la via giusta.
Josef sudek era un uomo piccolo, nato durante l'impero austroungarico in una cittadina famosa per essere stato teatro di una delle più cocenti sconfitte di Federico di Prussia - Kolin - abbastanza presto da essere arruolato durante la Grande Guerra.
Josef Sudek un anno prima della morte, ripreso nel suo studio © Charles Sawyer
avviato dal padre come apprendista rilegatore, perse un braccio per la cancrena conseguente ad una ferita di poco conto ad un braccio causata da una scheggia di shrapnel di fuoco amico e passò tre anni in un ospedale per veterani. Negli anni '20 superò quel brutto momento avvicinandosi alla fotografia, un'arte che non lo abbandonerà fino alla morte, avvenuta nel 1975, senza più muoversi da Praga.
chi lo conosceva poteva incontrarlo per le vie della città, la grossa camera portata con l'unico braccio sulla spalla buona (l'altro braccio era stato amputato alla spalla), piccolo, quasi schiacciato da quel peso.
Eppure sotto quel peso c'era una acuta capacità di osservare ed una sensibiltà cui inutilmente si potrebbe dibattere per mesi e mesi in interminabili seminari. Come ho detto prima, astraiamo dal mezzo tecnico - parliamo di stampe di cui si è perso il negativo, vecchie di 80 o 90 anni e lasciamo che gli occhi siano guidati dal cuore.
l'interno della cattedrale di San Vito in costruzione,
quella luce non è fatta con plugins, è reale, materiale. Quelle presenze sono vivide anche se ci appaiono come ombre.
Come lo sono queste figure tra le lame di luce nella passeggiata della nativa Kolin :
piove ma il mercato è vivo :
e anche se non sapremo mai se quella persona è scesa o salirà su quel tram in una mattina nebbiosa, possiamo fantasticare sulla sua storia
grazie solo a quel cono di luce e a quelle ombre. Quella nebbia ...
Sono mattine operose o placide quelle che vediamo ma ogni quadro ci racconta una storia :
l'auomobile nuova (una Skoda ?) sotto al castello di Praga nel 1926
la gru al lavoro nella nebbia in un mattino del 1921 (sulla Moldava ?)
le imbarcazioni e le figurette con un taglio garbato in questo seppia morbido ma più deciso.
una scena banale ? Eppure ...
Io trovo di grande forza anche questi still-life in studio. Gli oggetti sono disposti ed è il loro numero che parla :
in un modernismo che è figlio degli anni '20.
Ma poi ha il sopravvento la straordinaria umanità di Sudek, anche senza che sia presente un soggetto umano in questo che è il pane quotidiano :
l'uovo racchiude un ideale di completezza e in fotografia ha spesso avuto un ruolo di protagonista.
Dicevo all'inizio della serie di fotografie riprese dalla finestra dello studio, senza uscire
ce ne sono intere raccolte
Questa : Le ultime rose del 1956 è tra le mie foto preferite di Sudek
e ancora
Ma nel mio ideale la Praga di Sudek è anche questa :
la cattedrale di San Vito, l'Angelo caduto in terra, la testa della statua danneggiata dalla guerra nel 1945 che accoglie un nido e le piume dell'angelo ...
***
Sudek al parco parla con un bambino, l'immancabile treppiede sotto al braccio buono
La curiosità di questa scena tra il vecchio fotografo e il bambino con i pantaloni corti mi ricorda che però Sudek é stato anche un ritrattista
dal tratto particolare, come ci ricordano queste tre fotografie.
Si è dedicato molto anche al nudo, con esiti originali su cui non mi soffermo in questa occasione ma all'interno della scuola ceka che tra le due guerre ha fatto tendenza.
E sarebbero centinaia le altre foto da considerare, prese da raccolte, libri, mostre
Josef Sudek alla sua ultima mostra © Charles Sawyer 1976
Sudek non si è mai sposato, ha vissuto solo per tutta la vita adulta. Non viaggiava, salvo rari casi si muoveva solo per incontrare i suoi più cari amici.
Ha vissuto tra due guerre devastanti e sotto due (o tre ?) regimi totalitari ed opprimenti.
Ha ricevuto riconoscimenti in tarda età, solo dagli anni '70 è stato oggetto di mostre in occidente.
A prima vista il suo lavoro può sembrare lugubre o deprimente.
Ma bisogna calarsi nell'animo della gente della sua terra per capirlo. E bisogna vedere la luce come la vedeva lui.
Lui stesso diceva che il suo viaggio fotografico è iniziato dentro alla cattedrale di San Vito, davanti alla luce che scendeva dalle vetrate e tra le navate.
C'è da credergli ma in fondo non ha molta importanza. Che fotografasse una rosa in un bicchiere, l'uovo che era il suo pranzo di quel giorno, un ramo sulla Moldava, una veduta lontana o la gente per la strada intenta a percorre i suoi propri passi c'è una umanità profonda e una sensibilità straordinaria in ogni suo scatto, come nel suo sguardo.
sia che le persone siano rappresentate o ci siano solo i segnaposto
Io continuo a trovarlo straordinario e fonte di grande ispirazione, come se le sue fotografie popolassero i miei sogni.
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11 Comments
Devo dire che essermi iscritto a questo forum è stata una fortuna.
Grazie mille per queste segnalazioni di artisti che non conoscevo.
Toccanti è la parola giusta.
Un articolo interessante, foto che ti arricchiscono. Non le trovo mai lugubri, quanto in alcune soprattutto quelle dalla finestra certi still life e le sedie vuote un'atmosfera di aprticolare malinconia e si sente un po' di solitudine.
Occhi e cuore sono quel che serve davvero per fotografare.
Grazie anche da parte mia per avermi fatto concoscere questo autore.
Luce dal profondo, quella di Sudek.
Parla di speranza.
Usa la limitatezza dei mezzi per esprimere intimi convincimenti.
Un modernissimo interprete dell'antico Novecento
splendidi, ma sopratutto umani (sopratutto inteso come calore umano) questi BN ...
Tra le fotografie da te scelte trovo un gran senso di dolcezza e solitudine.
Grazie per la segnalazione.
Poetico e toccante.
Scatti stupendi. Grazie per avermelo fatto conoscere.
"Josef Sudek - poeta di Praga -" di Anna Farova, edito da Federico Motta, è il titolo del secondo libro fotografico che è entrato a far parte della mia libreria, comperato insieme ad un'altra monografia di un'altro grandissimo fotografo: Robert Doisneau. Queste due letture sono state, per me, fondamentali per capire quale sia la vera anima della fotografia, quella che sottende solo all'occhio e alla mente del fotografo, quella che vive solo di emozioni.
Il primo libro è stato quello di un fotografo contemporaneo di Josef Sudek...Paul Strand, edito da Alinari Firenze: "Il mondo davanti alla mia porta".
Buona luce a tutti.
Il commento di "Monti del sole" è la giusta conclusione... che poesia.
Adoro Nikonland quando in 2 righe si sforza di racchiudere un'esistenza geniale, c'è da chiedersi se sia possibile o se sia opportuno o ancor più semplicemente se serva aggiungere proprio queste 4 righe. Mauro lo fa personalizzando la cosa ed è forse ciò che tutti si aspettano da lui. Lo leggo coinvolto e lo immagino, assorto in pensieri, rapportarsi ai grandi della fotografia cercando un filo rosso o una chiave di lettura. Percepirlo ammirato dinn'anzi a scatti che provengono dal paleolitico della fotografia è poi impagabile. Il nuovo, il tecnico, il fineesteta della perfezione tecnologica che si lascia toccare da immagini riprodotte da una scatola di legno con gran poca latta attorno e magari un vecchio affaticato che la manovra. Scorgo la potenza della luce quando vedo le opere di certi maestri, mi viene voglia di fare foto e questa è la cosa più bella di questi articoli.
Belle parole che raccontano di un uomo e la sua passione, ma fanno anche amare la fotografia nel suo vero significato.
Fantastico. E' il genere di fotografia che amo di più: le cose e le situazioni di tutti i giorni interpretate e mostrate attraverso punti di vista caratterizzati da una sensibilià e umanità fuori dal comune.