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David Muench, il Paesaggio a colori
dic 05 2012 18:55 |
Valerio Brùstia
in Grandi Fotografi
David Muench Paesaggio
Questo mese la rivista Outdoor Photographer dedica un articolo, a firma di Tom Till, sull'influenza che ha avuto il lavoro di David Muench sulla generazione di fotografi cresciuti negli anni '70 e divenuti professionisti nei '90. Riflettendo sulle parole di Till mi sono chiesto quanto sia noto David Muench ai fotografi italiani. Credo poco, molto poco.
Le ragioni di ciò sono ovviamente legate all'assenza nel nostro panorama nazionale, di una vera tradizione di fotografia del paesaggio naturale. Da noi, in Europa, non si è sviluppata. Solo negli anni '80 comincia a diffondersi un interesse per questo genere di fotografia. E pensare che si tratta della fotografia più immediata: è il paesaggio delle vacanze, la linea delle montagne o della costa marina. Ma forse lo è per me che son cresciuto a pane e Airone (di Giorgio Mondadori). Fatto sta che, ad esclusione delle fotografie di Sella, strettamente connesse all'ambiente alpino, noi qui in Italia non abbiamo una tradizione di fotografia di paesaggio naturale.
Di che parlo? Partendo delle fantastiche immagini di Ansel Adams (che a sua volta era partito da “altri” paesaggisti americani, ma questi armati di pennello) in America è scaturito un vero e proprio movimento di fotografi che, con fotocamere Folding, tanta pazienza e buone gambe, hanno sfamato, e sfamano tuttora, il vasto pubblico americano, insaziabile di immagini della loro terra selvaggia, che più selvaggia non si può. Tra questi, precursore per tante ragioni, c'è David Muench.
David Muench: chi è costui.
(http://www.davidmuenchphotography.com)
Figlio d'arte, già suo padre Josef era fotografo, David ha esordito giovanissimo pubblicando negli anni '50 sulla rivista americana Arizona Highways. Come suo padre prima di lui, David decise di inquadrare nel mirino le Rockies orientali ed occidentali. L'occhio di Muench ha perlustrato per oltre mezzo secolo le bellezze naturali del continente nord americano, cogliendo gli ultimi raggi del sole morente che infiammano le arenarie dell'Arizona, le tempeste minacciose sugli Appalchi, le magnifiche e interminabili distese sabbiose del Nevada. Con grandissima attenzione ai dettagli, alle trame dei graniti o ai nodi delle fibre di millenari tronchi spezzati dal gelo. Il suo lavoro sul colore e sul paesaggio spiccava nel panorama della produzione coeva, e lo fece così bene da essere inserito, su richiesta dello stesso Ansel Adams, nella lista dei fotografi dell'archivio del Center for Creative Photography dell'università dell'Arizona. Muench nella sua carriera ha pubblicato un'enormità di libri, monografie, calendari e contribuisce tuttora alle colonne della rivista Outdoor Photographer.
In termini strettamente tecnici il carattere delle foto di Muench è nella composizione a 3 livelli. Un primo piano nitidissimo in cui compare un elemento distintivo della scena, un secondo piano di collegamento che dona profondità all'immagine verso il terzo piano, di sfondo, chiamato a dominare la scena. Il tutto con toni equilibrati, al fine di rendere l'immagine omogenea e i colori affascinanti. Il resto … è l'autore.
Questa impostazione è nel lavoro di Muench fin dagli anni '70 quando, volente o nolente, per perseguire quel risultato (estremo dettaglio e tutto a fuoco), occorreva munirsi di banco ottico di grande formato, lastre invertibili a colori e puntare sulla ripresa grandangolare. Le due cose (grande formato e grandangolo), ai tempi, non andavano molto d'accordo. Doveva essere dura trovare una folding su cui montare un buon 90mm e che consentisse ancora qualche movimento di basculaggio significativo. Con il migliorare dell'equipaggiamento fotografico, è aumentato il grado di ricchezza tonale sia nelle stampe fine art sia nelle riproduzioni tipografiche, in altri termini è migliorata la fruizione delle foto di Muench, ma non è cambiato il suo modo di interpretare il paesaggio americano delle selvagge Montagne Rocciose. Muench si è potuto spingere più a fondo, ma sempre mantenendo fede alla sua impostazione iniziale. Oggi come quaranta e oltre anni fa, scatta spettacolari visioni del paesaggio americano e per quanto ha fatto, e quanto sta ancora facendo, Muench non è solamente da inserire, di diritto, nel solco della grande tradizione americana della fotografia di paesaggio, ma bensì è da considerare come uno degli artefici di questa lunga storia che, finalmente, sta facendo scuola anche nel nostro, vecchio e affollato continente.
Ma che particolarità ha questa fotografia?? Alla fine è solo un paesaggio.
Si, ci si deve chiedere quale sia la differenza, dove stia la peculiarità di questo genere di fotografia. Alla fin fine un paesaggio è un paesaggio, serve solo essere lì al momento giusto. Sarà, ma a me qualche dubbio è venuto subito, al primo rullino di diapositive. Nel senso che, per ottenere un'immagine d'impatto visivo da una ripresa di paesaggio, concorre una quantità di fattori così elevata da non poter attribuire al caso la buona riuscita dell'intento. Di qui l'analisi, la sperimentazione e lo studio. Lo studio delle immagini altrui quali quelle di Muench. Talvolta mi imbarazzo nel ritrovare in alcuni miei scatti degli evidenti rimandi alle foto di questo grande paesaggista e a quelli dei suoi discepoli come Tom Till, Carr Clifton o Art Wolfe. Ciò accade per un processo mentale, naturale e logico, a cui si giunge osservando, confrontando, ricercando, sbagliando e rifacendo.
Oggi c'è il digitale a cui anche Muench è approdato e mega pixel non sono più un problema. Nella penultima edizione del BBC Wildlife Photobrapher of the Year (che ospita sempre una sezione dedicata la Paesaggio) ricordo d'aver perso qualche minuto ad osservare le differenze di resa in due stampe, l'una accanto all'altra, la prima realizzata da un trasparente 4x5”, la seconda da uno scatto raw Canon 1Ds MKII. Imbarazzante: l'immagine digitale … sembrava fatta CON UN BANCO!!
Allora oggi più che 10 – 20 anni fa, la lettura e l'insegnamento di Muench divengono estremamente preziosi. Ora che disponiamo di strumenti in grado di reggere il confronto con i banchi ottici, oggi che anche noi fotografi della Domenica (perché dal lunedì al venerdì siamo in ufficio e al sabato tocca fare la spesa) possiamo portare nello zainetto in poco più che due chili di massa, un mini-mostro equipollente ai 20kg di un equipaggiamento di grande formato. E con questi strumenti inseguire le luci e i colori cangianti delle linee dell'orizzonte fino alla punta dello stelo vicino al piede, comprimendo il tutto in un'unica, profondissima e godibilissima immagine, come fa da quarant'anni, su e giù per la dorsale delle Rockie, il signor David Muench.
Le ragioni di ciò sono ovviamente legate all'assenza nel nostro panorama nazionale, di una vera tradizione di fotografia del paesaggio naturale. Da noi, in Europa, non si è sviluppata. Solo negli anni '80 comincia a diffondersi un interesse per questo genere di fotografia. E pensare che si tratta della fotografia più immediata: è il paesaggio delle vacanze, la linea delle montagne o della costa marina. Ma forse lo è per me che son cresciuto a pane e Airone (di Giorgio Mondadori). Fatto sta che, ad esclusione delle fotografie di Sella, strettamente connesse all'ambiente alpino, noi qui in Italia non abbiamo una tradizione di fotografia di paesaggio naturale.
Di che parlo? Partendo delle fantastiche immagini di Ansel Adams (che a sua volta era partito da “altri” paesaggisti americani, ma questi armati di pennello) in America è scaturito un vero e proprio movimento di fotografi che, con fotocamere Folding, tanta pazienza e buone gambe, hanno sfamato, e sfamano tuttora, il vasto pubblico americano, insaziabile di immagini della loro terra selvaggia, che più selvaggia non si può. Tra questi, precursore per tante ragioni, c'è David Muench.
David Muench: chi è costui.
(http://www.davidmuenchphotography.com)
Figlio d'arte, già suo padre Josef era fotografo, David ha esordito giovanissimo pubblicando negli anni '50 sulla rivista americana Arizona Highways. Come suo padre prima di lui, David decise di inquadrare nel mirino le Rockies orientali ed occidentali. L'occhio di Muench ha perlustrato per oltre mezzo secolo le bellezze naturali del continente nord americano, cogliendo gli ultimi raggi del sole morente che infiammano le arenarie dell'Arizona, le tempeste minacciose sugli Appalchi, le magnifiche e interminabili distese sabbiose del Nevada. Con grandissima attenzione ai dettagli, alle trame dei graniti o ai nodi delle fibre di millenari tronchi spezzati dal gelo. Il suo lavoro sul colore e sul paesaggio spiccava nel panorama della produzione coeva, e lo fece così bene da essere inserito, su richiesta dello stesso Ansel Adams, nella lista dei fotografi dell'archivio del Center for Creative Photography dell'università dell'Arizona. Muench nella sua carriera ha pubblicato un'enormità di libri, monografie, calendari e contribuisce tuttora alle colonne della rivista Outdoor Photographer.
In termini strettamente tecnici il carattere delle foto di Muench è nella composizione a 3 livelli. Un primo piano nitidissimo in cui compare un elemento distintivo della scena, un secondo piano di collegamento che dona profondità all'immagine verso il terzo piano, di sfondo, chiamato a dominare la scena. Il tutto con toni equilibrati, al fine di rendere l'immagine omogenea e i colori affascinanti. Il resto … è l'autore.
Questa impostazione è nel lavoro di Muench fin dagli anni '70 quando, volente o nolente, per perseguire quel risultato (estremo dettaglio e tutto a fuoco), occorreva munirsi di banco ottico di grande formato, lastre invertibili a colori e puntare sulla ripresa grandangolare. Le due cose (grande formato e grandangolo), ai tempi, non andavano molto d'accordo. Doveva essere dura trovare una folding su cui montare un buon 90mm e che consentisse ancora qualche movimento di basculaggio significativo. Con il migliorare dell'equipaggiamento fotografico, è aumentato il grado di ricchezza tonale sia nelle stampe fine art sia nelle riproduzioni tipografiche, in altri termini è migliorata la fruizione delle foto di Muench, ma non è cambiato il suo modo di interpretare il paesaggio americano delle selvagge Montagne Rocciose. Muench si è potuto spingere più a fondo, ma sempre mantenendo fede alla sua impostazione iniziale. Oggi come quaranta e oltre anni fa, scatta spettacolari visioni del paesaggio americano e per quanto ha fatto, e quanto sta ancora facendo, Muench non è solamente da inserire, di diritto, nel solco della grande tradizione americana della fotografia di paesaggio, ma bensì è da considerare come uno degli artefici di questa lunga storia che, finalmente, sta facendo scuola anche nel nostro, vecchio e affollato continente.
Ma che particolarità ha questa fotografia?? Alla fine è solo un paesaggio.
Si, ci si deve chiedere quale sia la differenza, dove stia la peculiarità di questo genere di fotografia. Alla fin fine un paesaggio è un paesaggio, serve solo essere lì al momento giusto. Sarà, ma a me qualche dubbio è venuto subito, al primo rullino di diapositive. Nel senso che, per ottenere un'immagine d'impatto visivo da una ripresa di paesaggio, concorre una quantità di fattori così elevata da non poter attribuire al caso la buona riuscita dell'intento. Di qui l'analisi, la sperimentazione e lo studio. Lo studio delle immagini altrui quali quelle di Muench. Talvolta mi imbarazzo nel ritrovare in alcuni miei scatti degli evidenti rimandi alle foto di questo grande paesaggista e a quelli dei suoi discepoli come Tom Till, Carr Clifton o Art Wolfe. Ciò accade per un processo mentale, naturale e logico, a cui si giunge osservando, confrontando, ricercando, sbagliando e rifacendo.
Oggi c'è il digitale a cui anche Muench è approdato e mega pixel non sono più un problema. Nella penultima edizione del BBC Wildlife Photobrapher of the Year (che ospita sempre una sezione dedicata la Paesaggio) ricordo d'aver perso qualche minuto ad osservare le differenze di resa in due stampe, l'una accanto all'altra, la prima realizzata da un trasparente 4x5”, la seconda da uno scatto raw Canon 1Ds MKII. Imbarazzante: l'immagine digitale … sembrava fatta CON UN BANCO!!
Allora oggi più che 10 – 20 anni fa, la lettura e l'insegnamento di Muench divengono estremamente preziosi. Ora che disponiamo di strumenti in grado di reggere il confronto con i banchi ottici, oggi che anche noi fotografi della Domenica (perché dal lunedì al venerdì siamo in ufficio e al sabato tocca fare la spesa) possiamo portare nello zainetto in poco più che due chili di massa, un mini-mostro equipollente ai 20kg di un equipaggiamento di grande formato. E con questi strumenti inseguire le luci e i colori cangianti delle linee dell'orizzonte fino alla punta dello stelo vicino al piede, comprimendo il tutto in un'unica, profondissima e godibilissima immagine, come fa da quarant'anni, su e giù per la dorsale delle Rockie, il signor David Muench.
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24 Comments
In tempi di regali natalizi, segnalo a chi fosse interessato la pagina di Amazon con i libri di Muench
Sì, nel mio carrello Amazon di quest'anno Muench non mancherà.
ciao
David Muench, Art Wolfe e, ovviamente Ansel Adams, attraverso la rivista Outdoor Photographer. Mi hanno dato la carica che serve per affrontare le ferie in solitudine con lo zaino carico del banco ottico ed il Gitzo sempre sulle spalle.Tornavo a casa con meno di 50 lastre esposte. Non c'era Photoshop quindi il momento della ripresa era fondamentale, trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Lo scatto giusto era frutto di studio e contemplazione. Quante volte montavo il banco, inquadravo e.........smontavo per poi tornare il giorno dopo. Non era tempo perso.....anzi!
Ciao!
Ho abboccato!?
Ciao!
Del resto non è da tutti affrontare il paesaggio con le lastre, almeno, non in Italia.
Credo che tu abbia un bell'archivio, ma credo anche che tu soffra qualche dispiacere nel non poter fare "rendere" come dovrebbero i tuoi 4x5 su un monitor
O no?
ciao
Certo non era usuale tornare a casa da un viaggio in Alaska con sole 40 diapositive, il minimo auspicabile sarebbero state 2000 (in 35 mm.).
In Italia, mentre avevo la testa sotto il telo nero, sentivo i commenti del tipo: "papà guarda, un Autovelox!". All'estero: "deve essere un fotografo del National Geographic!"
Inutile dire che mi trovavo più a mio agio a Yosemite!
Ho cerato di capire la ragione socio-cultural-storica di questo singolare italico porsi nei confronti della fotografia.
Purtroppo la mia analisi, per quanto approfondita e meticolosa, si e' sempre ridotta alla seguente, purtuttavia esaustiva, conclusione:
Boh??
Cio' detto, se hai qualche spunto, osservazione indicazione bibliografica del tipo "questo libro e' da non perdere", questo e' il posto giusto.
ciao
In effetti, la fotografia di paesaggio dovrebbe essere il genere di più immediato approccio per il dilettante.
Proprio perché praticabile anche durante il fine settimana al lago con la famiglia.
Anche io penso che la fotografia di paesaggio non sia affatto così immediata o semplice da praticare. Ogni volta che mi cimento con cavalletto, filtri GND e/o polarizzatore, alla ricerca di un'inquadratura efficace e della giusta luce, torno a casa con la schiena e le articolazioni doloranti E' fra le situazioni di scatto per me più impegnative di tutte. Ma dà grandi soddisfazioni, non c'è dubbio.
Poi, come tutto, se non ci dedica del tempo e non si sacrificano energie più di tanto non ci si può aspettare.
Ma che stai addì Dani. La domenica pomeriggio (magari in inverno) basta che aspetti il calar della sera e la luce diventa particolarmente interessante o no?
ciao
In inverno non sempre, e il calar della sera lo reputo "ora interessante" ... io comunque parlavo in generale, non solo riferito a codesta stagione ....
Lode a lui
Scopro oggi questo articolo. Bravo Valerio, libro aggiunto alla lista degli acquisti.
La dinastia dei Muench continua anche con Marc, figlio di David.
Questo il link al suo sito
Cosi, una nota, quasi un gossip
Domanda: quando Muench è passato al digitale, i suoi scatti sono effettuati in HDR?
Ovvero: con l'HDR si possono ottenere scatti simili?
Immagino che la prima risposta sia "assolutamente no!" , stante la sua meticolosità nella ricerca delle migliori condizioni per scattare e, a quanto vedo, una certa "naturalità" delle sue immagini...
Ma mi piacerebbe saperne di più.
Tieni presente che negli anni d'oro della carriera di Muench con le dia in grande formato era come avere tra le mani una macchinosa D800 con una gamma più limitata , wb nature e colori demandati a mamma kodak e poi fuji. Quindi rimaneva da scegliere l'inquadro, il momento giusto e la filtratura degradante del cielo (ove possibile e necessario)
Poca pp e tanto mestiere. Con il digitale ad uno come Muench si è ampliato lo spettro di possibilità. Ricordo che anche Ansel Adams quando vide i primi Photoshop all'opera ne riconobbe immediatamente il valore dichiarando che era in tutta evidenza la possibilità di fare con il colore quanto lui fece con il bw in co.