[cultura fotografica] Wabi Sabi, la bellezza dell'imperfezione.
cultura fotografica Giappone
Ci sono molti aspetti delle culture dell'estremo Oriente (cucina esclusa!) che mi attraggono. Uno di questi è "Wabi Sabi".
Le due parole esprimono un modo di intendere la bellezza legata alla transitorietà ed all'imperfezione, cosa un po' strana secondo i canoni occidentali.
Tradurre i due termini è difficile. Wabi in origine era la malinconia e la solitudine della vita nella natura. Sabi ha la stessa radice di "arrugginire", quindi indica l'imperfezione, l'impermanenza e la consunzione. Tutto ciò che è naturale, grezzo, remoto suscita un senso di serena malinconia e desiderio nostalgico, è Wabi e ciò che reca la patina e i segni dell'età è Sabi. A partire dal 1300 il significato è stato reso meno triste e più ampio: Wabi viene riferito ora ad una bellezza semplice,rustica, sia di soggetti naturali che di opere dell'uomo. Si riferisce anche alla presenza di difetti e irregolarità dell'oggetti, che lo impreziosiscono con l'idea della imperfezione. Sabi è divenuto la malinconia, serenità e la bellezza che viene dal passare del tempo, in cui la storia dell'oggetto è raccontata proprio dalla sua consunzione.
Il concetto che deriva dal Buddhismo: l'esistenza sia fondata sulla impermanenza (nulla rimane uguale) la sofferenza e il vuoto o assenza di un sè. Quindi niente dura per sempre, niente è finitoin sè e niente è perfetto. Ma proprio perchè tutto è così effimero che è anche così prezioso, e bisogna apprezzarlo nell'istante in cui è, perchè poi non sarà più.
Non per nulla uno dei temi artistici più amati in Giappone è il fiore di ciliegio che, bellissimo, appena sbocciato già comincia a perdere i petali.
Il concetto di Wabi Sabi ha anche legami con lo Zen, ma non è questo il posto per approfondire oltre.
Fra le arti maggiormente influenzate da Wabi Sabi abbiamo ad esempio certa pittura Zen, dove conta l'eleganza dell'immediatezza del tratto e non la precisione, i giardini, soprattutto i giardini Zen, con i loro massi muschiosi, la Ceramica Raku (con la cottura in povertà d'ossigeno e la creazione ad arte di crepe) gli utensili della cerimonia del tè, e così via.
Parentesi: molto spesso queste creazioni artistiche "naturalmente imperfette" sono tutt'altro che spontanee, ma minuziosamente studiate per "dare l'idea" del casuale, naturale e disordinato.
L'estetica di Wabi Sabi si è provata a tradurre anche nella fotografia, che dovrebbe catturare questa particolare bellezza in modi diversi: può riprendere oggetti o soggetti dalla bellezza modesta, oppure invecchiati o consumati, oppure aggiungere in ripresa o in postproduzione degli effetti che suscitino quelle sensazioni.
Molti fotografi giapponesi si ispirano al concetto di Wabi Sabi, o dicono di farlo. Un bell'esempio lo trovate qui nel sito di Tim Wong:
Mystic di Tim Wong
Tra i più conosciuti Moriyama Daido:
e Shomei Tomatsu
Qualcuno ci mette anche Nobuyoshi Araki.
A mio modesto parere, alcune loro foto, come quelle sopra mostrate possono essere senz'altro definte Wabi Sabi, ma in altri casi secondo me diventano troppo forti:
Questa è una bottiglia deformata dallo scoppio della bomba atomica esplosa su Nagasaki
Sempre secondo me, una certa delicatezza dovrebbe essere sempre presente nel Wabi Sabi.
Numerosi fotografi occidentali si rifanno all'estetica Wabi Sabi, ad es questa fotografa recensita nel sito del San Francisco Zen Center.
Un'altra foto, presa da Outsider Japan.pbworks.com:
Concludo questa mia chiacchierata con una indegna galleria di mie immagini ispirate al tema, che trova profonda assonanza in me (altrimenti non ne avrei scritto ).
E poi, se non sono Wabi Sabi i fossili, che cosa lo è ?
Corso Vittorio Emanuele a Milano, Ammonite nella pavimentazione stradale, sotto la pioggia.
Silvio Renesto per Nikonland
Molto interessante, mi piace molto la foto della rosa, perfettamente in linea con il testo.
Unica nota c'è uno strano alone dietro, probabilmente la compressione lo ha rovinato.