Approfondisco quanto indicato nel mio profilo pubblico, come promesso, sperando che ci sia ancora qualcuno online che si voglia ... confessare
Confesso che da ragazzo non sono mai stato coinvolto dalla fotografia "praticata" in nessun modo.
In casa avevamo una Zeiss Ikon Contessa I che usava mio padre nelle feste comandate e quando si andava al mare, a Rimini.
Lui non era molto propenso a trasmettermi alcunchè (del resto usava un foglietto oscuro con le coppie di diaframmi e tempi a seconda del cielo) ed io mi limitavo a giocare con i bulbi flash Sylvania sparati alle feste di compleanno dove immancabilmente c'eravamo io e mio fratello, a vari gradi di dentizione, davanti all'immancabile torta del nonno pasticciere.
Crescendo insieme alle mie altre passioni, mi si è formata una coscienza critica fotografica da fruitore di immagini, avido consumatore di riviste, libri, enciclopedie per tutti gli altri miei interessi (musica : ricordo perfettamente le immagini mistiche che ritraevano sul podio Herbert Von Karajan. Auto, aerei, treni in tutte le salse, anche raccolte di figurine che altro non sono se non fotografie incollate su album. Donne ... poco più che decenne ammiravo le foto dei fotografi tedeschi attorno ai mondiali di calcio del 74).
Da ragazzo ero più o meno capace di riprodurre fedelmente "il leprotto" di Durer (adesso non saprei, la mano non è più in grado di seguirmi) ed ho sempre inteso l'immagine in senso artistico e non come "meccanica riproduzione della realtà".
Ma nessun interesse di fare il fotografo.
L'incontro con la fotografia praticata è nato del tutto per caso, e per nulla ricercato. Per due concause : nella strenna natalizia della ditta di mio padre c'era una Polaroid, insieme all'acquisto del mio primo cane, l'alano blu Lisa. Siamo già verso i miei 18 anni.
Un impatto non particolarmente memorabile. Ricordo la curiosità di vedere l'immagine formarsi "da sola" con lo sviluppo rapido. Ma anche la fetente qualità delle immagini. Gli occhi di Lisa abbagliati dal flash, il manto grigio che era più che altro color fegato. La messa a fuoco discutibile e la niditezza - o mancanza di nitidezza - detestabile.
Credo che al massimo siamo arrivati a usare due-tre cartucce di pellicole. Dopo di che la macchina è finita abbandonata, non so se non più funzionante o semplicemente perchè passata la curiosità.
Insomma, nessun colpo di fulmine. Proprio per nulla. Ma io non sono Mapplelthorpe.
Lisa intanto è cresciuta ed io sono andato a lavorare a 19 anni.
I primi stipendi sono andati per la mia prima passione, la musica. Quindi impianto stereofonico al posto del compattone Grundig di scarsa qualità, a servizio degli LP di musica classica che già accumulavo da anni con le mance di nonni e zii (adesso ho un NAS dedicato alla musica accumulata in 40 anni).
L'estate successiva - siamo ad inizio anni '80, quando Maggie Thatcher faceva la guerra all'Argentina per alcuni sassi in fondo all'Atlantico e Ronnie Reagan invadeva l'isoletta di Grenada sbarcando due reggimenti della mitica 82a aerotrasportata che non annovera quella azione tra le imprese leggendarie come la difesa di Bastogne, mi prende la voglia di spendere ancora per comperare una macchina fotografica.
Non mi ricordo per nulla quale fu la molla scatenante. Come ho detto in casa non c'era alcuna passione per la fotografia o per le fotocamere.
Mia madre dipingeva ad olio ed a me mancava la pazienza e la disciplina anche solo per tentare di emularla. Per fare un disegno non dovevo impiegare più di un paio d'ore.
E' possibile che la voglia di fotografare mi sia venuta ricordando la Polaroid o più semplicemente per "dipingere" senza annoiarmi.
Fatto sta che mi ritrovai in un negozio - che esiste ancora - di Varese, dove il negoziante mi propose - entrambe già all'epoca di importazione parallela - una Olympus OM2 oppure una Nikon FE2, entrambe ultime novità.
Io mi ero già documentato acquistando più riviste dell'epoca e conoscevo già come funzionavano le reflex. Volevo una reflex, la volevo seria, professionale, affidabile.
Vinse ... il Nikkor 50/1.4 AIS che mi piacque di più dello Zuiko corrispondente. Ed uscii dal negozio con quel kit Nikon e un Tamron "adaptall" 80-210 F3.8-qualche cosa, un affare a pompa venduto poi a Watanabe 50.000 lire verso fine secolo al passaggio all'autofocus.
Era tutto quello che potevo comperare con il mio stipendio.
Con la Nikon FE2 impiegai l'estate a fotografare fiori. Prima di "trasformarla" in una Nikon FA usata ma come nuova, pagata di conguaglio 900.000 lire dell'epoca (circa il costo di una D810 di oggi ! Ma del resto la FA era l'equivalente di una D810 per l'epoca. Macchina eccezionale di cui conservo ancora due esemplari in perfetto stato di funzionamento).
Portai la FA nello zaino anche durante il militare. Fotografando Leopard, M109, M110, M108 ed elicotteri.
Le prime foto alle ragazze le ricordo come frustranti. Mosse e fuori fuoco. Ma la voglia c'era già.
La passione rimase più o meno lì, latente, fino al passaggio - avvenuto tardi e forzatamente per cause di scarsa vista - all'autofocus, avvenuto verso il 1998 ma si sviluppò con il ritorno di fiamma per i treni.
La rivoluzione - come per l'audio - però ci fu con il digitale.
Ricordo con imbarazzo il "galvanometro" dell'esposimetro della Nikon FE2 che paragonato ai led del mio lettore CD la facevano sembrare un cimelio del Nautilus del Capitano Nemo. La Nikon FA era indubbiamente più "moderna" con i suoi indicatori a cristalli liquidi.
Io poi sapevo programmare già macchine portatili e computer fissi a quell'epoca e mi veniva da ridere a pensare alle macchine manuali.
Ho sempre trovato però repulsione per la pellicola, già dall'odore. Nessuna attrattiva per la pratica di camera oscura - sebbene io abbia fatto laboratorio di chimica per anni durante gli studi - che delegavo del tutto al negozio di fotografia.
Per cui solo il passaggio al digitale - avvenuto sedici anni dopo l'inizio fotografico, con la Nikon Coolpix 990 e le pratiche di sviluppo al pc è avvenuta la mia vera maturazione fotografica.
Questa è però storia più recente e che in larga parte ho già condivisa con voi sui forum (questo e il precedente che ho frequentato prima di aprire Nikonland).
Ma, ancora, sono state le altre mie passioni ad alimentare la voglia di fotografare.
I treni prima, le auto poi, lo sport. E infine, finalmente, il coronamento del sogno di fotografare modelle professioniste come i grandi fotografi dei quali ammiravo le fotografie fin da ragazzino. Gli stessi che continuo ad ammirare e alla mia maniera, ad emulare, ancora oggi.
Ho fatto anche altro in fotografia, praticamente tutto - tranne la macro di artropodi - abbandonando immediatamente tutti i generi che trovavo noiosi, come il paesaggio. Fotograferei anche solo animali, se potessi farlo come dico io - in soggettiva, occhi dentro gli occhi - senza fare marce forzate o viaggi intercontinentali.
Ma negli ultimi anni mi sto sempre più convincendo che devo fotografare solo ed esclusivamente soggetti che vogliono farsi fotografare.
La passione per il materiale per me è secondaria al fine, allo scopo : fare foto sempre migliori delle precedenti, fotografando meglio della volta precedente, sfidando me stesso e il compito che mi do di volta in volta.
Amo le cose impegnative e complesse e mi piace portarle al limite.
Non mi interessa affatto documentare o rappresentare la realtà come è. Non l'ho mai trovato stimolante, nemmeno quando costruivo modellini militari.
L'immagine deve essere quelle che ho in mente e deve essere poi trasmutata verso l'ideale che voglio dare del soggetto che ho scelto.
Spesso le mie foto rappresentano solo l'idea che ho io del mio soggetto e non il soggetto come lo vedono gli altri.
Quando ci riesco, magari sono affranto ma molto felice.
Insomma, sono un colossale egoista, fotografo per me stesso, per esprimere quello che sono.
Oggi mi mancano terribilmente i super-tele ma adesso portarli sul campo in sicurezza è diventato troppo pericoloso. Ed io per lo più cerco di essere prudente ... se posso.