La foto che sento più mia? Forse questa
, in uno dei momenti di ritorno dalle millemila uscite fotografiche per il progetto Panta Rei, che mi sta assorbendo corpo e tempo (anima? speriamo...),
o questa
(anche se dell'11 agosto), sentita e imprigionata all'Expo di Milano.
O questa
, anch'essa prima di tornare a casa da una sessione fotografica provante.
(Come detto, per ora non posso pubblicare le foto fatte da metà agosto in poi (e sono le uniche che ho scattato) che queste due di Bassano del Grappa, ma a breve ne farò un report.)
Per me, e lo sostengo da mo' con chi mi sta attorno, la tecnologia ci ha creato necessità non dovute/volute, una su tutti lo smartphone, che incidentalmente ha influenzato (in negativo, secondo me, per la carica di banalità in cui incorre buona parte del pubblicato online e non solo, per la valanga di immagini prodotte, che induce un appiattimento della nostra capacità di vedere le foto - non solo guardare - per eccesso) la fotografia.
Io lavoro nel settore web, e questo mi rende a volte insofferente nell'usare il PC a casa per scopi che esulano dal lavoro (piacere che invece una volta provavo ad libitum), e questo riguarda anche lo scaricare le foto dalla memory card per ultimarne l'espressione, o lo studiare strumenti di post-produzione in modo meno superficiale. O nello studiare foto altrui per carpirne l'essenza e farne tesoro per esprimerla poi nella mia tentata arte.
A volte ci si sente effettivamente stanchi per uscire per a fotografare. Stanchezza che però fortunatamente in me ha visto l'opportuna scelta di rinunciare alla reflex/D800 per fare un passo indietro (ma io direi di lato), con la X-T1 che esce quasi sempre con me, magari per rimanere a stretto contatto col corpo, dentro la borsa, ma pronta a scrivere con la luce quello che il mio senso interiore possa elaborare della realtà circostante.
A proposito del progetto citato in incipit, ho notato piacevolmente come la voglia di fotografare cresca direttamente proporzionale (o liberamente crescentemente proporzionale) alla costanza nel dedicarsi all'attività meccanica del fotografare, ma che, se all'inizio si rivela semplice meccanica, nel tempo - nel mio caso - si è modificata in consapevolezza di cosa stavo facendo, e via via tentativo di portare una parte di me nelle foto che facevo. Non importa se i risultati poi lo confermeranno, la consapevolezza ne ha giovato, e spero che questo possa trasparire, se non da questo progetto, da altri futuri.
Devo dire che più volte anche io sono finito nel vortice della SDAC (sindrome da acquisto compulsivo), frenata dalla disponibilità limitata ma alimentata dal desiderio irresponsabile e irragionevole di cercare qualcosa che ora capisco non essere necessariamente fuori da me ma dentro. Pare che questo desiderio si sia ora fatto da parte, soppiantato dal desiderio di vedere con la luce e non con un mirino, che sia elettronico o pentaprismatico o periscopico.
Ma di questo devo ringraziare anche Nikonland (auguri di nuovo) e in particolare Mauro, Max e Silvio, per aver perseverato nel parlare col cuore di quello che sentono, vedono e, perché no, provano con mano.
The hardest thing in photography is to create a simple image. - Anne Geddes
Your first 10,000 photographs are your worst. - Henri Cartier-Bresson