Max permettimi,
non passiamo da un'estremo all'altro.
La fotocamera non è un aerografo o un pennello, la fotocamera (con tutti i limiti del caso) cattura quello che OGGETTIVAMENTE passa nella pupilla dell'obiettivo. Che questo flusso di fotoni, poi, lo si interpreti già solo abbassandosi di mezzo metro, cambiando angolazione e punto di ripresa fino crearlo ad arte disponendo a regia i soggetti di interesse, è un fatto non in discussione, ma la fotocamera (strumento) cattura quello che le si para davanti. E' il bello della fotografia, ci si relaziona con il mondo, l'esistente.
Del resto il fatto stesso che ci sveniamo inseguendo le ottiche più incise, che trasferiscono il massimo dettaglio, contiene in sè il desiderio di importare (nello strumento) la maggior quantità possibile di informazione di qualcosa di reale, concreto, tangibile.
L'interpretazione, lo dico a Osmium - Mirko, ci sta sempre e comunque. Nello stesso luogo, nello stesso istante, io e te faremo foto diverse... almeno così dovrebbe essere ( e qui si apre un altro capitolo che è quello degli strumenti culturali, ma io sono solo un ingegnere elettronico e nulla so di comunicazione visiva e comunicazione in genere) ed in effetti a Bassano eravamo una bella mandria in giro per la città, e ho visto poche foto simili.
Tradurre ciò che vediamo in un'immagine fotografica è estremamente intrigante, non mi sbaglio a definire divertente. Osservarne il risultato ritratto (stampato, proiettato, a monitor vale tutto, è indifferente Aldo) è sì evocativo di una situazione reale, ma non necessariamente è realmente accaduto quanto illustrato nell'immagine. In tutto ciò non ci trovo nulla di male, di deviato o di esecrabile. Però per quanto si possa interpretare se in piazza SE MENANO si vede, e se invece cantano e ballano salterà pur fuori (poi ci sono le fonti multiple .. non basta una foto per cacciare una palla)
Ora il tarlo che mi ha fatto scrivere, del falso Pudore che Mauro mi accredita, ha a che vedere con il fotogiornalismo solo di sbieco, di sguincio.
Io fotografo e condivido un po' di foto che faccio, non è fotogiornalismo il mio, ma comunicazione, pur rozza ed elementare, ma si cavolo è comunicazione.
Mi confronto con il resto del mondo (il web è fantastico) e nel farlo mi domando come sia possibile mai che la lingua che parlano i fotografi digitali (quasi tutti) del terzo millennio è quella che li fa puntare IN MASSA a descrivere le loro fantasie LISERGICHE e nulla più di questo.
E' anche comprensibile, gli strumenti per fare questo sono a portata di dito: il massimo dell'easy. Ciò accade perchè non c'è progettualità a priori? Sarà anche vero che, avendo in mano quasi niente, almeno si imbelletta, tanto da far saltar fuori qualcosa. Purtroppo talvolta salta fuori anche Gigiiltroione, perchè a furia di fondotinta e rossetto non si riesce a coprire proprio tutto.
Sbaglio? che mi dite dei software di auto miglioramento dei portali di condivisione? Quelle cacche di G+ me lo hanno inserito una bella mattina di default. Ci ho messo 4 o 5 post ad accorgermi che le mie foto avevano qualcosa di strano, non erano quelle che avevo caricato, erano diverse. Pork Giud! Quando mi son reso conto mi è venuto male: ma come si permettono! Ma saran ben fatti miei produrre una foto con ombre aperte o chiuse, verdi saturi o slavati, o no!
Vabbè, ma stai un po' a vedere: questi software altro non fanno che "ottimizzare" l'immagine, dicono loro, in realtà spingono verso quella descrizione del mondo degna delle scenografie di "Avatar" di Cameron.
E allora io vi dico questo: fermo in coda alla rotonda di Gaggiano, sotto un cielo grigio grigio dell'inverno lombardo, tra stoppie secche e alberi morti (e qualche coloratissima mignotta) possibile che per vedere un mondo migliore sia costretto a ricorrere ai filtri di Instagram (o come diamine si scrive) ??
No diavolo, NO!