Per quanto riguarda fino a dove spingersi, direi che l'unica regola è quella di non creare disturbo (o peggio danno) agli animali e/o all'ambiente. Per il resto credo dipenda solamente da cosa uno cerca/vuole. Trovo che una foto fatta dopo lunghi, infruttuosi e faticosi appostamenti abbia pari dignità di una identica scattata in un'oasi tipo Cervara, se al fotografo questo dà soddisfazione. Al massimo gli si può consigliare di provare una volta anche l'emozione dell' "altro modo".
Per noi che fotografiamo per passione, insomma, basta essere soddisfatti dei risultati e non aver fatto danni. Un po' diverso il discorso di chi lo fa per professione: da un lato, per quella che è la mia esperienza, il senso del limite ed il rispetto è, generalmente parlando, molto più presente in chi lo fa per lavoro e sa che avrà bisogno anche domani di soggetti non disturbati. D'altra parte la necessità di dover portare comunque a casa il lavoro anche in condizioni non ottimali fa si che a volte si apprestino dei veri e propri 'set' abbastanza artificiosi se non artificiali, per quanto poi non visibili nel risultato finale.
Venendo all'altro argomento mi considererei più fotografo che naturalista, ma credo diventerò più naturalista che fotografo: so le foto che vorrei fare, e so che difficilmente riuscirò a farle, se non occasionalmente, perchè non avrò mai abbastanza tempo da dedicarci per riuscire a farle ricercando con difficoltà quegli aspetti artistici che sento nelle mie corde, per questo dico che mi sento più fotografo; alla fine però fotografo per passione, perchè mi rilassa passare del tempo da solo in appostamento o aspettando la luce giusta su un paesaggio, ma se poi i risultati attesi non arrivano, mi sa che dovrò dedicarmi di più alla parte naturalistica, approfondendo le conoscenze, apprezzando di più gli avvistamenti, corredando comunque il tutto con, possibilmente, buone foto.