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[reportage] Vajont 50 anni dopo

Inviato da Aldo Del Favero , 28 ottobre 2013 · 3783 visualizzazioni

Diga del Vajont, lo sbarramento è di 261,60 m (la quinta diga più alta del mondo, la terza ad arco) con un volume di 360.000 m³ e con un bacino di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione era la diga più alta al mondo.
 
La diga e in alto a destra la frana
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La diga e in fondo Longarone
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La diga vista da Longarone
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Alle ore 22.39 del 9 ottobre del 1963, circa 260 milioni di m³ di roccia (un volume più che doppio rispetto all'acqua contenuta nell'invaso) scivolarono dal monte Toc, alla velocità di 30 m/s (108 km/h), nel bacino artificiale sottostante (che conteneva circa 115 milioni di m³ d'acqua al momento del disastro) creato dalla diga del Vajont, provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 200 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto (che rimase sostanzialmente intatto seppur privato della parte sommitale) riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e i suoi limitrofi. Vi furono 1917 vittime di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni.
 
487 delle vittime erano bambini e ragazzi sotto i 15 anni.
 
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Il fronte della frana del Toc da sopra la frana
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Casso sorge a circa 1000 m d'altitudine tra le prealpi bellunesi e le dolomiti friulane. Oggi Casso, specie in seguito al disastro del Vajont, è quasi del tutto disabitata.
 
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La frana del monte Toc vista dall'abitato di Casso
 
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La valle del Vajont a monte della frana verso Erto
 
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Erto, situato nella valle del Vajont al confine con la provincia di Belluno, è il comune più occidentale della regione Friuli Venezia Giulia
 
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Longarone...
Sviluppo urbanistico dal 1964:
Quella che è oggi l’urbanità di Longarone, prende matrice da un Piano Particolareggiato, approvato nel 1965. Fu il primo piano urbanistico a seguito del disastro del Vajont, caratterizzato da un risultato finale di matrice tradizionale. L’iniziale Piano Urbanistico di GIuseppe Samonà e del suo gruppo multidisciplinare, comprendente un ambito geografico di ventinove comuni, dagli aspetti tipicamente modernisti  e impregnato di nozioni lecorbusieriane, viene limato nei suoi aspetti più innovativi, fino ad assumere una decisa impronta tradizionale e limitato alla sola Longarone. L’approvazione del Piano passa attraverso uno scontro con il comitato superstiti che si oppone a ogni tentativo modernista, proponendo di contro una ricostruzione dello stato precedente il disastro, con moduli e materiali tipicamente alpino-locali. Il comitato ha una forza tale da portare l’amministrazione ad avocare a sé il sistema edilizio da innestare sul Piano, lasciando a Samonà l’incarico di redazione del solo Piano. Il nuovo incarico di studio del sistema edilizio viene conferito a Gianni Avon e Francesco Tentori che attraverso metodi di analisi e ricerca locale, quali sondaggi casa per casa, riescono a proporre un innesto tradizionale, frammentando i blocchi di Samonà in edifici più piccoli quali case a schiera e mantenendo un profilo tradizionale nei punti storicamente più significativi, come in Via Roma.
 
Panorama di Longarone oggi
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Il municipio: a sinistra la parte ricostruita a destra la parte che si è salvata dall'onda
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Lo spartiacque tra la via e la morte
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Vista dalla SS 51 di Alemagna
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La parte alta orrende case a schiera in cemento armato
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Altre case a schiera nella parte bassa
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Impianti sportivi nella parte bassa
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La stazione ferroviaria
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Via Roma
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L' asilo
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La valle del Piave e la gola del Vajont
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A sinistra in basso l'importante polo fieristico, a destra in alto il monte Toc
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La zona industriale
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Nell'ottobre del 1966fu dato incarico a Giovanni Michelucci di progettare la nuova chiesa del paese. Tuttavia la nomina di Michelucci trovò ferma opposizione del parroco e di parte della comunità; le polemiche furono presto strumentalizzate anche a livello politico (contro la sua realizzazione intervenne, ad esempio, Indro Montanelli) e solo nel 1975, con il consenso definitivo del vescovo di Belluno e Feltre, fu possibile dar inizio ai lavori. Fu consacrata nell'ottobre del 1983.
La chiesa è costituita da due anfiteatri sovrapposti: uno inferiore, coperto, dove si trova l'aula vera e propria, e uno superiore, scoperto, pensato come una sorta di piazza da cui è possibile osservare la la diga del Vajont.
Esternamente l'edificio è in calcestruzzo armato a vista di colore bianco; la composizione è caratterizzata dalla presenza di una rampa che conduce verso la sommità della chiesa, in un ideale richiamo al motivo del Calvario della via crucis La piazza superiore presenta un altare per poter celebrare le messe anche all'esterno, ma fu pensata principalmente come luogo d'incontro.
L'aula interna è in parte circondata da una tribuna rialzata e conserva i resti della chiesa più antica. La sala è accessibile da diversi punti, sia dal basso che dall'alto.
 
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Il Campanile della Chiesa di Pirago, rimasto miracolosamente in piedi nel disastro del Vajont. La chiesa venne completamente spazzata via dalla furia delle acque.
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Cimotero vittime del Vajont.
Le fasi di realizzazione hanno il via durante la ricostruzione urbanistica di Longarone. La costruzione è stata terminata soltanto nel 1972 a seguito di contrasti tra il Genio Civile e il comune di Longarone. Il cimitero ospitava le salme di 1.464 vittime del disastro, di cui solo 700 con il nome. Il Cimitero è stato completamente ristrutturato nel 2003, con la discussa rimozione delle lapidi originarie. Attualmente presenta 1.910 cippi bianchi con tutti i nomi delle vittime della tragedia, a prescindere o meno dall'effettivo ritrovamento e della giusta corrispondenza nome-salma.
 
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Francesco64
ott 29 2013 21:36

Grazie per questo bel reportage di una storia tanto brutta quanto vera.

Persone infami hanno 2000 innocenti sulla coscienza.

 

Non dimentichiamo, anche su Nikonland.

 

P.S. le rocce strapiombanti sotto Casso, sono quelle della famosa falesia di Erto?

Ci sono stato una volta, saranno 25 anni fa e ho visto Mauro Corona che si allenava. Personaggio unico, e un sopravvissuto della sciagura.

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Aldo Del Favero
ott 30 2013 21:37

Grazie a te per la visita, un doveroso tributo a questa triste vicenda... ci ho lavorato per 9 mesi con diverse uscite, per fotografare i luoghi della tragedia come sono adesso, dopo 50 anni passando di là e impossibile non pensarci. Avrei voluto fare altre foto quest'estate e a fine settembre durante la pedonata "i percorsi della memoria" davanti e sopra la diga, ma non ho avuto tempo e quindi il progetto è un pò monco, poi sono passato sa LR5 a CO1 e mi sono ripassato la post di tutte le foto e non sono molto convinto del risultato...Avrei anche pensato di inserirle nel fotolibro di Nikonland 2014, ma penso che dovrei dare una bella sfoltita...

 

P.S. sotto lo strapiombo c'è una palestra di roccia, ma non so se è quella che dici tu

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takeaphoto
nov 03 2013 12:43

...Avrei anche pensato di inserirle nel fotolibro di Nikonland 2014, ma penso che dovrei dare una bella sfoltita...

 

 

Prendi contatto con Federica … per il mio lavoro mi ha suggerito 20 scatti ma in realtà ne ho messi un paio di più

Foto
takeaphoto
nov 03 2013 12:44

Comunque io ci sono stato un paio di w.e. fa e mi sono fermato sul piazzole dove hai scattato la 2 fotografia, quella della diga. Bel lavoro !

Stavo proprio per suggerire di partecipare al libro 2014.

E' un bel servizio, merita uno spazio e noi... ne abbiamo!!

 

se vuoi mandami un PM così definiamo i dettagli.

 

Per la scelta delle immagini suggerisco di scegliere quelle più variegate tra loro, le meno simili ma che si parlino, che abbiano un senso e diano una visione sia d'insieme che particolare di quello che è successo.

Fai tu a tuo piacere tenendo conto circa 15-20 scatti max

che potrai decidere di pubblicare sia a tutta pagina che in ogni singola facciata.

 

datti un'occhiata ai libri degli anni scorsi per farti un'idea.

 

ciao!

Federica

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