Queste elucubrazioni scaturiscono dopo una riflessione, e la lettura di un articolo di un "grande" da cui ho preso ispirazione...
mi rendo conto che qui ci sono amatori veri e io solo so quanto voglio bene a questo forum e quanto io amo questo mestiere che vedo a rischio quello che scrivo ai pi? scivoler?, ad altri porter? sconforto e altri ancora penseranno sinceramente che cacchio me ne frega.
Non ? proprio cosi, finch? terr? il settore professionale i grandi marchi sperimenteranno e investiranno
se il tutto sar? ad opera di amatori credo che il tutto decade... del resto la lancia quando faceva correre le sue auto nei rally vendeva e aveva il top, usciti dal circuito l'abarth ha chiuso e la lancia non vendo una cacchio!!!!
Questo che scrivo ? un po il modo nel mio piccolo di far capire le posizioni di chi vive di fotografia, ovviamente non voglio convincere nessuno solo informare come ormai faccio da anni...
ps se disturba siete liberi di toglierlo ma sappiate che ci ho messo un bel po a farlo e me ne dispiacerebbe!!
Una delle pi? plausibili spiegazioni dei motivi per cui l'uomo di Neandarthal si ? estinto ? che non ha saputo adattare i suoi utensili al mondo che stava cambiando. Dalla fine degli anni 90 ed inizio del 2000, cio? da quando Getty, Corbis e , la ormai defunta, Jupiter hanno portato nel mondo della fotografia i loro metodi da grandi aziende, vediamo la preistoria ripetersi.
Armati con la teorie economiche imparate nelle grandi universit?, un'orda di supponenti yuppie ha invaso l'industria fotografica. Invece di adattare le loro tecniche alla nostra industria, loro hanno fatto il contrario e cio? hanno cercato di adattare l'industria fotografica agli usi delle grandi imprese.
Una grande ondata di executive senza nessuna passione per la fotografia , venuti da mondi che non aveva nessun legame la fotografia e convinti della loro superiorit? nel capire il mondo dell'economia, hanno preso il comando nella maggior parte delle grandi agenzie fotografiche e di redazioni giornalistiche dopo poco tempo sono stati espulsi dal sistema.
Chi ha esperienza e bravura rimane attaccato alla sedia come un politico, e la difende a denti stretti, anche se ? evidente che il tutto funzioni in modo inadeguato, poco aperto ai nuovi della serie: se non sei amico di... nient de fer...
Nonostante ci? si insiste ancora nell'usare questi metodi.Il numero di ex manager di Getty, Corbis , Jupiter etc che immessi nel mondo della fotografia senza precedenti esperienze e che hanno aperto attivit? sempre inerenti all'industria della fotografia ? spaventoso. Come se il fallimento delle loro esperienze avesse fatto di loro degli esperti.
Alcuni di loro hanno aperto Agenzie fotografiche Royalty Free, altri sono diventati consulenti con newsletter e blog.
Altri ancora hanno creato dubbie attivit? collaterali alla fotografia che poi sono fallite. Alcuni di questi poi si sono riciclati fotografi e irrompono in modo brusco con le loro teorie e iniziano a svendere immagini.
Tutti questi pretenziosi personaggi hanno in comune l'dea di aver ricevuto la bacchetta magica dagli dei della fotografia e che hanno visto la luce. (peccato non l?abbiano capita)
Ora mentre questi ex delle grandi agenzie aprono le loro inutili agenzie i loro ex datori di lavoro li rimpiazzano con nuovi dirigenti che come loro non hanno nessuna esperienza specifica nel mondo fotografico, nella speranza che qualcuno di loro trover? il modo di adattare i metodi delle grandi imprese a quello della fotografia il settore muore. Tutto questo sarebbe divertente se in questo processo non si distruggesse la nostra industria.
Perch? il mondo della fotografia non ? adattabile al tutto pu? funzionare. Malgrado i loro fallimenti essi persistono in modo ossessivo e senza mezzi a cercare di sopravvivere o di crescere applicando metodi che si rivelano sempre di pi? inadeguati.
La verit? ? che la fotografia non sta morendo perch? al contrario ? pi? viva che mai. E' il modo di commerciare le immagini che ? sbagliato. Sbagliano i manager delle case editrici che pensano di risolvere i problemi delle loro pubblicazione tagliando i costi del settore fotografico.
Sbagliano i dirigenti delle agenzie fotografiche che sperano di salvarsi dal fallimento abbassando i prezzi delle immagini.
Sbagliano anche i fotografi che ricevono rendiconti per foto vendute a 5? e sorridono senza protestare e si adeguano a iniziare un altro lavoro, magari che gli permette di fare il fotografo a tempo perso? portandoli poi a trovarsi servizi ben fatti che piuttosto di lasciarli nel cassetto per se, li regalano alle agenzie o ai giornali per tenere alto il mito del proprio nome sulle pagine scritto nero su bianco perch? il mito del "fotografo" non muoia mai?
Quelli che hanno la responsabilit? di creare immagini e quelli che devono venderle sono paralizzati dalla paura.
Sonnecchiano e si limitano a parare i colpi.
La maggior parte di loro sono miopi e credono che cambiare significhi caos, morte e vuoto. Proprio come l'uomo di Neandarthal pensava che fosse. Sicuramente non mangiano bene come prima. Certamente non viaggiano come usavano fare e altrettanto certamente i tempi che viviamo richiedono sacrifici, ma qualcosa ? meglio di niente, giusto?
Cosi facendo si intasa la rete di Internet che ? il mezzo potentissimo che diffonde immediatamente in tutto il pianeta e che mette miliardi di immagini, scattate da fotocamere e telefonini sempre pi? automatici e capaci, a portata di qualsiasi click.
Foto utilizzabili gratis da tutti e quindi senza valore perch? trasformate in una sorta di rumore di fondo visivo.
Le fotografia sono oggi come i sacchetti di plastica: prodotti usa e getta che finiscono nel cervello dei consumatori intasato di pixel informi e ridondanti, come gli shopper finiscono nella pancia delle balene, che le mangiano scambiandole per meduse che vanno poi a morire sulle spiagge pugliesi.
E? la democrazia digitale, si dice.
Il soggetto sociale globale ? diventato auto produttore e auto distributore della propria immagine a livello mondiale.
Ma ? davvero cos??
Non c?? proprio pi? niente da fare o ? ancora possibile invertire questa tendenza indotta dalla tecnologia che governa le nostre vite?
Il destino della fotografia sembra essere segnato nella societ? di massa. E? opinione comune che il linguaggio dell?immagine abbia perduto il suo carattere autonomo di linguaggio universale.
Nei giornali ? solo un segno grafico o un?illustrazione, un sempre pi? pallido ?ricordo? di giornalismo piazzato tra le immanenti inserzioni pubblicitarie dei newsmagazine, femminilizzati e omologati.
Un po? di Iraq, di Colombia, di Somalia o di Cecenia, o di qualche terremoto, disastro, attentato terroristico, confuso tra le ultime sgargianti proposte del lusso made in Italy.
Se vogliamo dare un futuro al fotogiornalismo penso che bisogna cominciare per prima cosa a separarlo da questo stock informe restituendogli autonomia di linguaggio.
Come?
Creando giornali e riviste basate sul linguaggio fotografico, che vivano offrendo ai lettori le immagini dei fotografi che raccontano le diverse facce della realt? e non pubblicando inserzioni pubblicitarie, cio? giornali e riviste che vendano in edicola o in abbonamento copie sufficienti a garantire la loro esistenza, ricreando cos? un mercato e una nuova domanda che corrisponda a una rinnovata scelta culturale che magari rende meno profitto ma che rientra nel settore culturale vero e non imbastito in un contorno di marketing la regola vale anche per la rete...
Personalmente sono nato fotograficamente lavorando in ambito locale leggendo ?Epoca? e Photo la Bibbia, rimaneva ?New York arte e persone? di Ugo Mulas, il grande affresco sulla pop art americana e mondiale degli anni 60. Un libro oggi introvabile che raccontava la storia di un fotoreportage di valore mondiale fatto da un fotografo bresciano che non sapeva o sapeva poco, l?inglese, ma definiva le proprie immagini ?una presa di coscienza? Lui stesso ci insegna in una sua affermazione che vendere era importante infatti: (citazione di Mulas )
? Non sono stato neanche un dilettante fotografo: la prima foto che ho fatta, l?ho subito venduta. Ero uno studente, bivaccavo quasi sempre in quella specie di caff? che era allora il Jamaica, una latteria dove si riunivano dei pittori. Qualcuno m?ha prestato una vecchia macchina e mi ha detto: - Un centesimo e undici al sole, un venticinquesimo cinque-sei all?ombra - E io, con un?enorme diffidenza, ho preso in mano questa macchina. ?
Ha venduto il suo primo scatto!!!
Noi tutti cerchiamo di sopravvivere e un triste destino, e anche se qualcuno cerca di far capire
che la storia non ? cosi si sente un marziano!!!
La soluzione ? proprio dietro l'angolo, non ? cos??
Qualcuno trover? la soluzione ai nostri problemi ed io seguir? l'esempio.
Giusto?
Perch? dovrei cambiare il mio modo di fare. L'ho fatto per tanti anni e non credo di aver sbagliato in niente. Le cose torneranno ad essere quelle che erano prima. Giusto?
Per favore , qualcuno mi pu? rispondere?
Tra cinque anni lo scenario cambier? drammaticamente. Ci sar? una carneficina, che del resto ? gi? cominciata. I primi a fallire saranno quelli che hanno paura di affrontare il cambiamento.
Cultura e professionalit? contraddistinguono una professione che fatica ad avanzare per l?incapacit? di redattori, direttori e nuove leve che pensano al profitto anzich? fare informazione, la rete con i suoi vantaggi accelera tutto e accelera i tempi di reazione e vince il primo che arriva, e non il migliore, del resto ? un modo di vivere oggi, tutto corre e nessuno riflette, nessuno si preoccupa di fermarsi e pensare.
Pensare a un progetto,a qualcosa di nuovo, pensare che realizzare un servizio male oggi ? peggio che farlo domani pensando a tutto il pensabile e a realizzarlo in modo perfetto i tempi sono importanti per la fotografia ed ? inutile pensare il contrario anche se esiste il digitale.
Inoltre le nuove generazioni che crescono, imparando a usare un joistic della play station prima che la penna da scrivere, gente che oggi fatica a scrivere una tema con una biro bic e che nelle medie usano la x anzich? scrivere per, i successori, i figli di quei yuppie che citavamo prima, pieni di se con i loro colletti bianchi inamidati come la loro cultura dell?immagine e della storia? quei figli che non hanno rispetto di nulla e di nessuno, che spesso scendono a compromessi per inseguire cose inutili, che sprecano energie e ore in socialnet pensando che li sta il futuro e che da li dipenda una professione, che non si rendono conto che fotografare non ? un semplice clik ma serve un?anima che anche il peggior delinquente degli anni 70 aveva che mai avrebbe scippato una vecchietta e oggi sono al pari di chi ti sputa sul vetro per impedirti di fotografare la coronazione di miss italia...
Gi? il rispetto? imitare o scimmiottare il lavoro altrui, che anche se fatto in maniera dignitosa dal momento che lo butti sul mercato senza un prezzo non fai altro che sputtanare un sistema gi? fragile.
Poi scopri che lo si fa per avere pi? contatti in facebook o piu visite al sito, che ? fatto in modo da impressionare chi lo guarda e lo induce a pensare che sia un guro ella fotografia ma alla fonte ti fa capire che cacchio studiano oggi i ragazzi? e sono i figli di quei manager che hanno fatto fallire colossi come getty immage!!!!
Rendiamoci conto!!!!
Dicevamo?
STORIA?.
Gi? la storia, che oggi si studia e che oggi ci aiuta a crescere e a evitare gli sbagli del passato?
Peccato che purtroppo nessuno aiuta la fotografia, anzi fa sempre pi? piacere scansarla e sentirsi tutti fotografi, ma siamo sicuri di tutto questo????
Tiziano Manzoni
Ispirato da un pezzo di Paul Melcher
Mi pare che non ci sia mai stato prima un fotografo cos? consapevole di quello che un?operazione fotografica coinvolge, di come lo stesso fotografo ? dentro, nella macchina o nell?operazione, anche fisicamente, e come questo carichi la foto di tutte le ambiguit? che accompagnano i discorsi in prima persona. Tra il fotografo e l?oggetto la macchina si anima, ? un baluardo, ma non ? pi? il comodo baluardo alla neutralit? del fotografo, n? ? un ostacolo al suo desiderio di intervenire. Ci? che mi prese allora fu proprio la constatazione di come il fotografo si lasci portare dalla macchina, e viceversa, di come la macchina porta il fotografo, con una scioltezza veramente insolita. [Ugo Mulas, La Fotografia]